Tecnologia

Preferite la privacy o la comodità? Le risposte scioccanti di uno studio americano sugli smart speaker

Chi ha acquistato un altoparlante intelligente spesso ignora i rischi per la privacy che questo accessorio comporta. E non usa nemmeno gli strumenti che gli permetterebbero di tutelarsi, per pigrizia o ignoranza. Sono i risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti, che sta facendo discutere.

Prima di comprare un nuovo accessorio hi-tech riflettete attentamente sui rischi che potrebbe comportare per la vostra privacy? Qualcuno lo fa, altri ci hanno proprio rinunciato, pur di beneficiare di servizi gratuiti e delle comodità tecnologiche. Se vi sembra incredibile, sappiate che è quanto emerso dalle risposte di un gruppo di consumatori interpellati nell’ambito di uno studio statunitense. L’argomento d’indagine sono gli smart speaker, gli altoparlanti intelligenti come Google Home o Amazon Echo. Dispositivi che, per svolgere il proprio compito, devono necessariamente stare in allerta e “ascoltare” tutto quello che succede attorno a loro. Come ha sottolineato uno degli autori dello studio in un’intervista al sito Motherboard, “è un dato di fatto che con uno smart speaker stai mettendo un microfono live nella tua casa e nei tuoi spazi intimi, ed è un software che decide se registrare solo una parola chiave o per tutto il tempo”.

Per capire fino a che punto i consumatori siano consapevoli di quanto appena affermato, e in quale misura siano disposti a tollerarlo, i ricercatori Josephine Lau, Benjamin Zimmerman e Florian Schaub della School of Information dell’Università del Michigan hanno deciso di intervistare un campione rappresentativo di consumatori dotati o meno di smart speaker. Come da copione, chi appartiene alla seconda categoria ha detto di non comprendere l’utilità degli altoparlanti intelligenti o di non fidarsi di chi li produce. Chi li ha acquistati è decisamente meno preoccupato per la tutela della propria privacy.

Fin qui nulla di stupefacente, se non fosse che quando i possessori di smart speaker hanno argomentato i motivi per cui li usano, hanno manifestato una palese incomprensione dei rischi per la privacy che questi oggetti comportano. Ancora peggio, la maggior parte di loro non è nemmeno conscio di avere sotto mano strumenti per controllare la propria privacy, o è troppo pigro per usarli. Parliamo, per esempio, del pulsante “mute” che interrompe l’ascolto e la registrazione da parte dell’accessorio. O della funzione che serve per consultare i registri delle attività e cancellare ciò che non si vuol mettere a disposizione.

È vero che per i più la privacy è un concetto vago e astratto, e che i benefici dei tanti servizi che si usano quotidianamente sono tangibili. È vero anche che, ormai, siamo assuefatti a dover cedere pezzetti della nostra privacy, pur di avere in cambio un servizio gratuito. Del resto, ce lo siamo sentiti dire fino alla nausea che “quando è gratis, il prezzo siamo noi“. Però non ci arrendiamo così facilmente. Non si arrivi a dichiarare, come ha fatto uno dei partecipanti a questo studio: “credo che la battaglia tra privacy e vantaggi sia stata vinta da questi ultimi e a me sta bene così, perché vivo in un mondo in cui i servizi sono ciò che rende la mia vita un po’ più semplice e questo è positivo”. Diamoci la possibilità di valutare di volta in volta a che cosa stiamo rinunciando. Informiamoci bene. Poi ognuno è libero di decidere quello che vuole, ma consapevolmente.