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Brasile, Jair Bolsonaro è il nuovo presidente. L’ex militare trionfa con il 55,2%. Sconfitto il partito dei lavoratori

Contraddittorio e nostalgico del regime, ha sconfitto il candidato del partito dei lavoratori Fernando Haddad, sfortunato erede del presidente Lula, oggi agli arresti, e di Dilma Rousseff

La quarta democrazia più grande del mondo sarà governata da un ex ufficiale dei paracadutisti denunciato da molti come una “minaccia fascista”. Jair Bolsonaro è stato eletto presidente del Brasile, battendo il suo rivale Fernando Haddad, del partito dei lavoratori (Pt). L’esponente di destra, che fu accoltellato il 6 settembre durante un comizio, ha conquistato il 55,2% dei voti. Un evento che ha incrementato la sua popolarità e lo ha fatto crescere nei sondaggi. Nononstante questo Haddad, erede di Lula, ha sperato fino alla fine di riuscire a vincere e ora chiede che i suoi “45 milioni di elettori vengano rispettati“, dopo che Bolsonaro aveva promesso ai suoi avversari “la prigione o l’esilio”, aggiungendo di voler “difendere la libertà di questi 45 milioni di persone”. “I diritti civili, politici, lavorativi e sociali sono in gioco ora. Abbiamo la responsabilità di rappresentare un’opposizione che metta al primo posto gli interessi della Nazione”.

“Cambierò il destino del Paese” è stata invece la prima dichiarazione del nuovo capo dello Stato che ha promesso di creare “una nazione grande, libera e prospera” ciò significa che ” il governo federale dovrà fare un passo indietro riducendo la sua struttura e la burocrazia, riducendo sprechi e privilegi”. Ex militare, più volte Bolsonaro è stato accusato dai suoi avversari di posizioni razziste e omofobe. Ma quel che più ha preoccupato i detrattori è la sua posizione da sempre “morbida” nei confronti del regime militare. Nel suo primo discorso, il neo presidente ha però garantito un Brasile dove conviveranno “opinioni, colori e orientamenti diversi. Sapevamo dove stavamo andando, ora sappiamo dove vogliamo andare”, ha detto il neo presidente nel suo primo discorso su Facebook dopo l’annuncio della vittoria al secondo turno. “Non potevamo continuare a flirtare con il socialismo, il comunismo, il populismo di sinistra“, ha aggiunto, impegnandosi a difendere “la costituzione, la democrazia e la libertà. Questa non è la promessa di una festa, né la parola vuota di un uomo.È un giuramento davanti a Dio“.

Tra i primi a congratularsi con il neo presidente, il vicepremier italiano Matteo Salvini che ha affidato la sua felicità a Facebook: “Anche in Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al Presidente Bolsonaro, l’amicizia fra i nostri Popoli e i nostri Governi sarà ancora più forte! E dopo anni di chiacchiere, chiederò che ci rimandino in Italia il terrorista rosso Battisti“. Sul fronte internazionale, invece, le congratulazioni sono arrivate subito dal presidente Usa Donald Trump. L’inquilino della Casa Bianca ha telefonato a Jair Bolsonaro, come ha riferito Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca, precisando che “entrambi hanno espresso un forte impegno a lavorare fianco a fianco per migliorare la vita degli Stati Uniti e del Brasile, e come leader dell’area, delle Americhe”.

La vittoria di Bolsonaro rappresenta una frattura storica per il Brasile, dopo una fase di quattro governi consecutivi del Pt, chiusasi nell’agosto del 2016 con l’impeachment di Dilma Rousseff, e il breve intermezzo dell’amministrazione di Michel Temer, che arriva alla fine del suo mandato battendo tutti i record storici di impopolarità. Il risultato del voto in Brasile segna anche una nuova sconfitta per i partiti e i leader protagonisti della cosiddetta “marea rosa” progressista che investì l’America Latina all’inizio del secolo XXI, dopo le vittorie elettorali del centrodestra in Argentina, Cile, Perù e Colombia e le derive autoritarie in Venezuela e Nicaragua.

Bolsonaro, un deputato che è passato per otto partiti diversi in quasi due decenni di attività parlamentare e fino a poco fa era considerato un personaggio eccentrico, noto per le sue dichiarazioni polemiche a favore della dittatura militare e la tortura e contro le donne e le minoranze razziali, etniche e sessuali, è diventato in pochi mesi il leader che ha cavalcato il crescente malessere di grandi fasce della società brasiliana. La crisi economica iniziata nel secondo governo di Dilma Rousseff, la più grave della storia brasiliana, gli scandali di corruzione politica che hanno colpito i principali partiti politici – e portato in carcere Lula – e l’escalation della violenza criminale nel paese hanno alimentato un sentimento di esasperazione diffusa, che ha portato i brasiliani a scegliere un candidato che si è presentato come un outsider “contro” l’establishment politico.

Il ballottaggio è diventato anche una sorta di gioco della torre elettorale: il Brasile si è diviso fra chi voleva evitare il “pericolo fascista” rappresentato da una vittoria di Bolsonaro e chi era disposto a votare qualunque candidato che impedisse un ritorno al potere del Pt, in un clima di forte polarizzazione delle posizioni. Haddad è partito in svantaggio, giacché il Pt ha scelto di spingere fino all’ultimo termine possibile la candidatura di Lula – bocciata dalle autorità elettorali a causa della sua condanna a 12 anni per corruzione – e non è riuscito né a spostare sulla sua candidatura i voti assicurati dal suo mentore politico né ad ottenere l’appoggio di leader politici di altri partiti per lanciare il suo progetto di “unità democratica” contro Bolsonaro