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Brasile, oggi la destra è nemica dell’ambiente. E Bolsonaro ne è l’ennesimo esempio

È terribilmente stupido/ingenuo dire che la sinistra sarebbe amica dell’ambiente e la destra no. La sinistra sarebbe amica perché pensa alla collettività, la destra invece agli interessi privati. Non credo che questa distinzione manichea abbia mai avuto un senso, ma men che meno lo ha oggi. Una delle regioni più cementificate d’Italia, in cui il bene comune del mare e del lido del mare sono stati letteralmente regalati ai privati, è la mia Liguria, tradizionalmente di sinistra.

Piuttosto, è invece vero che i movimenti ambientalisti storici e gli storici protettori dell’ambiente spesso sono stati conservatori. Laddove il termine “conservatore” si traduceva anche in una effettiva volontà di proteggere il territorio per l’oggi e per le future generazioni. John Muir non era certo di sinistra. Non lo era neppure Henry David Thoreau. Non si può dire di sinistra Renzo Videsott, uno dei padri fondatori dell’ambientalismo in Italia.

Ma oggi il concetto di conservazione non esiste più. E persino le aree protette sono considerate in ottica capitalista come un bene che debba produrre reddito. E assistiamo purtroppo allo spettacolo pressoché generalizzato sulla Terra di una destra sguaiata, che antepone interessi particolaristici al bene comune e se ne frega di territorio e ambiente.

In Italia ha già dato pessima prova di sé quel partito-azienda che era (sta scomparendo, per fortuna) Forza Italia, con le sue grandi opere (qualcuno ricorderà il contratto con gli italiani di Berlusconi da Bruno Vespa). La sta dando la Lega, che nelle regioni in cui governa autorizza il maggior consumo di suolo in Italia. E all’estero non si sta meglio. All’estero guardiamo agli Usa di Trump, che non solo non si accorge che il clima è cambiato rispetto a quando lui era piccolo, ma sostiene le grandi case automobilistiche, le trivellazioni nell’Artico, ama i cacciatori, autorizza nuovi oleodotti e gasdotti.

Ma soprattutto guardiamo al Brasile, dove c’è un pericolo imminente che minaccia non solo quel Paese ma anche l’intero pianeta: la possibile elezione il 28 ottobre di Jair Bolsonaro a presidente. Dopo aver rischiato di essere eletto al primo turno Bolsonaro ha buone probabilità di vincere al ballottaggio di domenica. E per l’ambiente, che già non se l’è passata bene con i precedenti presidenti, si rischia una vera e propria catastrofe. Infatti, Bolsonaro vuole dedicare altre aree boschive dell’Amazzonia alla coltivazione della soia e all’allevamento del bestiame, vuole favorire lo sfruttamento idroelettrico dei grandi fiumi e vuole negare qualsiasi ulteriore diritto sulla terra ai popoli indigeni (“Nemmeno un centimetro quadrato in più agli indios”).

Neanche a dirlo, la possibilità (quasi la certezza purtroppo) che Bolsonaro vinca domenica, fa volare la borsa (i mercati sono così, del futuro dell’umanità se ne strafregano) e neanche a dirlo, il nostro inguardabile Salvini si è augurato che vinca le elezioni. Poveri noi.