Musica

Thom Yorke, il cantante dei Radiohead compie 50 anni. Ma non ha ancora finito di sperimentare

Il 7 ottobre 1968 è un lunedì grigio come lo sono la maggior parte dei giorni in questo periodo dell’anno. A Wellingborough, cittadina dell’Inghilterra centrale, gli echi della cultura della contestazione che scuote il mondo occidentale sono pressoché ininfluenti e al massimo, quelli che arrivano sono delle canzoni dei Beatles che passano alla radio. È un lunedì, non un giorno qualsiasi della settimana, ma uno stato d’animo: è il giorno in cui nasce Thomas Edward Yorke, per tutti semplicemente Thom, dai fan considerato una divinità in terra, conosciuto per essere il frontman dei Radiohead, band fra le più influenti nel panorama contemporaneo. Il gruppo più rilevante dai tempi dei Beatles.

Thom dimostra subito di avere una predilezione per la musica, inizia a strimpellare la chitarra ma è il pianoforte lo strumento in cui si specializza. Ha qualcosa di strano all’occhio sinistro, sembra come paralizzato e per questo viene sottoposto nel giro di poco tempo a cinque operazioni chirurgiche: riesce a recuperare la vista, ma l’occhio gli rimarrà leggermente chiuso per sempre e quel piccolo difetto viene ingigantito dai compagni di scuola che gli affibbiano il soprannome di salamandra. Viene deriso, bullizzato come si direbbe oggi.

Non una buona cosa per uno nato di lunedì ed è un bambino particolarmente sensibile. E infatti da adulto confessa: “Porto dalla nascita un difetto all’occhio sinistro, che mi ha abituato a vedere le cose come si vedono all’interno di un caleidoscopio in cui forme, colori, sfumature e combinazioni si creano e si modificano, per poi autodistruggersi. Ho dovuto imparare a convivere con la mia persiana rotta come avrebbe potuto fare un bambino, bendato come lo ero io, che gioca a fare il pirata. Ma per me non era un gioco, si trattava di isolamento, solitudine, speranza, dedizione”. Isolamento da cui uscirà una volta trasferitosi con la famiglia nella contea di Oxford, dove fonda la sua prima band, gli On A Friday, nel senso che il venerdì è il giorno in cui i genitori gli danno il permesso di suonare a casa con gli amici, il nucleo di quelli che diventeranno i Radiohead, nome ispirato da un brano dell’album True Stories dei Talking Heads.

La band vede Thom Yorke alla voce, Colin Greenwood al basso, il fratello Jonny Greenwood alla chitarra e tastiere, Ed OBrien alla chitarra e Phil Selway alla batteria. I cinque non si assomigliano molto tra loro, a differenza dei vecchi gruppi rock che avevano uno stile e un look unitari: la cosa che li accomuna è il fatto di essere nati tra il 1967 e il ’71 e di essere cresciuti nell’Oxfordshire dove vivono tuttoggi.

A 19 anni, Thom scrive un brano, Creep, che è una sorta di confessione di complesso d’inferiorità. Lo scrive pensando alla ragazza più bella del liceo di cui è follemente innamorato e lui con quell’aria da elfo depresso, sa di non avere speranze. Ma la canzone, grazie anche a un momento musicalmente favorevole – siamo nel pieno dell’Era Grunge -, e con quell’hook di chitarra-caricatore, ottiene un successo tale che porta i Radiohead alla ribalta. La storia di Creep è la storia di tutta la band. Ma con il passare degli anni viene come rinnegata: ora che sono diventati so fuckin’ specials non è onesto riproporla. Scelgono di dimenticarla perché “ogni volta che un 15enne impacciato, dopo aver sprecato tutta la ricreazione cercando di attirare l’attenzione della più bella del liceo, torna a casa stanco, rassegnato, umiliato, prende la chitarra e si mette a cantare stonato, produce una versione più autentica di Creep”.

Dal momento in cui i Radiohead pubblicano il loro primo disco Pablo Honey la loro carriera è in ascesa. Thom che scrive gran parte delle canzoni sfoggia una mente e un acume letali. E un carisma sempre più sottilmente potente. Con album come The Bends, Ok Computer (capolavoro che diventa un punto di riferimento per le produzioni del decennio successivo) e Hail to the Thief danno voce a un’ondata di angoscia generazionale e diventano una calamita per molti giovani disadattati del pianeta.

Thom assieme al gruppo attraversa agilmente le decadi successive ai mitici Nineties, anni di nichilismo e autodistruzione, senza mai fermarsi colla sperimentazione (Kid A, Amnesiac), spaziando fra i vari generi e sconvolgendo i fan della prima ora, legati al periodo rock degli esordi. E non solo dal punto di vista sonoro: nel 2007 infatti provano a superare il concetto tradizionale di distribuzione discografica pubblicando sul loro sito il nuovo album In Rainbows, chiedendo ai fan di pagare quel che preferivano per scaricarlo.

Nel tempo, Yorke fonda supergruppi paralleli (gli Atoms for Peace), pubblica dischi da solista (The Eraser e Tomorrow’s Modern Boxes), partecipa e firma colonne sonore per remake di vecchi film horror di successo (Suspiria). Collabora con altri grandi artisti (tra gli altri Björk, Rem, PJ Harvey, Burial), si occupa di questioni legate all’ecologia e il suo status di outsider di successo esercita un fascino sempre maggiore. Soprattutto oggi che a 50 anni quello che era il weirdo di Creep ha imparato a vivere con ironia, persino a divertirsi. E il lunedì è diventato un giorno come un altro della settimana. Auguri Thom.