Cronaca

Trasporto pubblico, l’obbligo di servirsi di Consip per gli acquisti di nuovi bus fa salire i prezzi

Il trasporto locale è al collasso e gli autobus italiani diventano sempre più vecchi, insicuri e inquinanti. L’età media è di 11,6 anni, cinque in più del resto d’Europa e le scarse risorse messe a disposizione dal Ministero dei Trasporti per il rinnovo del parco veicoli vengono ridotte fino al 20% da un meccanismo di maxi-gara nazionale che risulta antieconomico. Secondo molte aziende del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e del resto d’Italia i prezzi sarebbero potuti essere minori se si fosse comprato con propria contrattazione anziché con prezzi derivanti dalla gara Consip.

L’obbligo di servirsi di Consip per gli acquisti di bus e per l’utilizzo del contributo pubblico, 150 milioni per il triennio 2017-2019 previsti dal D.M. 25 del 2017, che diventano circa 300 milioni con la quota parte delle imprese, dovrebbe essere valido solo se non si trovano prezzi inferiori a quelli Consip. Andrebbe, quindi, lasciata la libertà alle aziende che hanno diritto di accedere ai contributi di cofinanziamento pubblico con procedure contrattuali proprie al fine di massimizzare l’uso dei già scarsi finanziamenti. A conti fatti il settore potrebbe complessivamente immettere circa 1.875 nuovi autobus in strada ma con i prezzi stabiliti dalla Consip sarebbero solo 1.500, cioè 375 in meno. Il parco autobus delle aziende italiane pubbliche e private è di circa 50mila unità: il 30% è rappresentato da Euro 1 e 2, ma c’è ancora un 5% di Euro 0; soltanto il 2% degli autobus è Euro 6.

I viaggiatori trasportati rappresentano l’88% dell’intero settore dei trasporti pubblici. Ogni anno, in media, vengono trasportati oltre 14 milioni di persone che si spostano giornalmente, contro i tre milioni che usano il treno. Insomma un settore strategico (flessibile, meno costoso e tenuto fuori da ogni organica integrazione tariffaria con le FS) già fortemente discriminato rispetto alle ferrovie non può essere ulteriormente penalizzato.

Il settore genera ricavi complessivi che ammontano a 10,6 miliardi di euro, a fronte di una spesa pubblica per il Tpl pari a circa 7,2 miliardi di euro (solo spesa corrente), la seconda voce di spesa per le Regioni, dopo la sanità. In Italia ci sono circa mille aziende, che impiegano complessivamente circa 110mila addetti (1 per cento del totale degli addetti in Italia). Già il settore del TPL è fortemente caratterizzato da un contesto garantito e monopolista da Regioni e città che non vogliono fare le gare per l’affidamento dei servizi e questo pesa negativamente sui costi e sulla qualità dei servizi. Infatti c’è un gap di produttività rispetto alle aziende europee del 20%. Aziende che offrono servizi messi a gara in quasi tutta l’Europa che conta (Germania, Inghilterra, Scandinavia e Francia).

Una valutazione sul ruolo di Consip sembra sempre più necessaria soprattutto se si tiene conto che l’entità della spesa trasferita a Consip è cresciuta significativamente in questi anni, ma il valore creato con la riduzione dei prezzi di beni e servizi acquistati centralmente nel periodo 2009-2015 è andato progressivamente diminuendo passando dal 16% del 2009 al 6,3% del 2015. Questo sulla base dei dati che si ricavano dai bilanci Consip. In realtà l’incidenza del valore creato da Consip è ancor meno consistente se si prendono in considerazioni alcuni costi che il trasferimento della spesa pubblica a Consip ha comportato. Servirebbe un bilancio Benefici/Costi di Consip che nessuno si sogna di fare. Il governo dovrebbe anche valutare il motivo per cui il valore creato da Consip sia in netta diminuzione nonostante la crescita della spesa presidiata.