Cronaca

Manduria, museo e parco archeologico (quasi) sempre chiusi: tra regolamenti inattuati, fondi persi e personale carente

Inaugurato nel 2017, il museo Terra dei Messapi è stato chiuso dopo appena una settimana. Eppure l'allora sottosegretaria del Mibact lo definiva un "tassello importante". Cancelli sbarrati anche per il Parco archeologico, che avrebbe potuto sfruttare fondi Ue per quasi 4 milioni per la riqualificazione. La Soprintendenza al Fatto.it: "Bisogna avere pazienza"

“Sabato 11 agosto abbiamo tentato di visitare il museo archeologico Terra dei Messapi di Manduria… Dopo numerosi vani tentativi di reperire un numero telefonico per avere notizie sull’apertura, ci siamo recati sul posto, trovandolo chiuso. Ma sul portone vi era un cartello con gli orari. Pazienza. Li abbiamo appuntati e lunedì 13 agosto, come indicato, alle ore 15 siamo tornati a Manduria. Ma il museo era ugualmente chiuso. Abbiamo tentato di visitare l’area archeologica, ma anch’essa era chiusa”.

Luigi del Prete, presidente della Rete civica per la tutela del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e archeologico della Puglia ha deciso di raccontare la sua disavventura e quella di alcuni turisti, alla commissione straordinaria che amministra la città in provincia di Taranto, da quando ad aprile 2018 il Consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose e, per conoscenza, al Prefetto di Taranto e alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto. Non l’unica protesta, in una storia costellata di promesse, fondi usati, finanziamenti persi, portoni e cancelli chiusi.

Eppure a settembre 2017 per l’inaugurazione del museo Terra dei Messapi c’era un esercito di autorità, a partire dal sindaco Roberto Massafra, l’assessore Cosimo Lariccia e il consigliere provinciale Roberto Puglia. Con la Soprintendente ai beni Archeologici per Lecce-Taranto-Brindisi, Maria Piccarreta, e la responsabile di zona della Soprintendenza Beni Archeologici per Taranto, Laura Masiello. Esposti materiali provenienti quasi esclusivamente da corredi funerari, rinvenuti nel corso di scavi controllati, ma spesso anche da fortuiti ritrovamenti. Strigili, punte di lancia, fibule, cinturoni in bronzo, crateri di varie forme, skyphos e kantharos per bere, oinochoe per mescere la bevanda. Senza contare gioielli in argilla rivestiti di foglia oro, pesi per il telaio verticale e unguentari. Non un nuovo allestimento, perché i materiali esposti fanno parte della mostra “Storie di Messapi: Manduria, Oltre le mura”, inaugurata nel 1977 e visitabile fino al 2013 in alcuni locali del centro storico. Anzi un allestimento non propriamente accattivante, con un apparato illustrativo evidentemente “datato”, senza alcun spazio al multimediale. In compenso una nuova sede, il seicentesco ex convento degli Agostiniani, concesso per 30 anni, con un atto del 2008 in comodato d’uso gratuito dalla provincia di Taranto. Con tanto di ristrutturazione finanziata in parte con circa 1 milione di euro di fondi del PIT e per il restante con circa 900mila euro di fondi comunali.

Così nel giorno dell’inaugurazione, la sottosegretaria al Mibact, Dorina Bianchi, aveva parlato di un “tassello importante per rendere la Puglia una regione all’avanguardia dal punto di vista del turismo culturale”. Peccato che dopo solo una settimana il museo fosse già chiuso. Con strascico immediato di polemiche da parte di diversi turisti arrivati appositamente a Manduria. E da allora è sempre cosi. Il museo è chiuso, a parte qualche rarissima eccezione. Al punto che il movimento Manduria Noscia a maggio propone al commissario prefettizio di “effettuare, a pieno titolo gratuito, il servizio di portineria e di apertura al pubblico del museo”. Domanda senza risposta, problema irrisolto. Nonostante nel regolamento stipulato con il Comune ad aprile 2017 la Soprintendenza si fosse impegnata “a garantire attraverso il supporto tecnico-scientifico di proprio personale l’allestimento della mostra museale, curandone il piano scientifico e assicurandone la fruizione e l’accesso agli spazi espositivi negli orari di servizio del proprio personale assegnato come presidio”.

C’è poi il Parco archeologico delle mura messapiche, che si estende per 150mila metri quadri, con i resti della triplice cerchia di mura che circondava la città, circa 2.500 tombe databili dal VI al II secolo a.C., il fonte pliniano, un pozzo alimentato perennemente da una falda acquifera sotterranea e la chiesa di San Pietro Mandurino, di epoca medievale. “Momentaneamente chiuso”, informa il portale web, “per motivi di sicurezza” chiarisce un cartello sul cancello d’ingresso. Chiuso anche a luglio e nei mesi precedenti. Così l’unica possibilità è rivolgersi ad una delle guide assicurate dalle associazioni locali e dalla Pro Loco. Ma non tutti sono a conoscenza della possibilità. Senza contare che bisogna programmare la visita con almeno una settimana di anticipo.

Inaugurato nel 2001, potendo contare su un finanziamento di oltre 3 milioni di euro sul Programma Operativo Nazionale Cultura 1994-96, il Parco è da tempo in condizioni sconfortanti. Senza alcuna manutenzione, al punto che le sepolture sono state invase da vegetazione infestante, privo di un percorso di visita e di una adeguata pannellistica, oltre che di qualsiasi sorveglianza. Senza contare il degrado crescente che si può osservare in più punti lungo il perimetro esterno. Soprattutto con scarichi di rifiuti di ogni tipo, amianto compreso.

C’è stata la possibilità di poter contare su un finanziamento di 3.800.000 euro dal Programma Operativo Nazionale Cultura e Sviluppo FESR 2014-2020 per “opere di riqualificazione e valorizzazione funzionale”. Spesa approvata dal Cipe, nell’ambito del Piano di Azione e Coesione Complementare 2014-2020 ad agosto 2016, ma mai impegnata. Fatta eccezione per 67.109,53 relativi all’“affidamento Servizi di Ingegneria”. Così si è persa l’occasione. “A causa dell’indolenza di chi ci ha preceduto, si è perso un finanziamento di un milione e 200mila euro per un progetto che prevedeva interventi di miglioramenti della fruizione e di valorizzazione della struttura”, diceva Gianluigi De Donno, assessore ai Beni Patrimoniali del Comune di Manduria ad ottobre 2013. Prima e dopo, soprattutto poche idee. Una progettualità quanto meno intermittente. Con le associazioni di volontariato e la locale Pro Loco a fare quel che potevano.

“Bisogna avere pazienza. Il personale che si occupa del museo ha dei turni. E poi ci sono le ferie. Noi facciamo il possibile. Per quanto riguarda il parco archeologico l’amministrazione comunale ad aprile ha pubblicato un avviso pubblico rivolto alle associazioni culturali. In questo modo la gestione sarà assicurata”, dice a Ilfattoquotidiano.it Laura Masiello della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto. Così tra finanziamenti persi (per il parco archeologico) e noncuranza (per il museo), Manduria sembra aver rinunciato al suo patrimonio storico-archeologico.