Per la prima volta una ricerca (Proyecto Ultreya) vuole misurare il benessere fisico e mentale dei pellegrini. E dalle risposte che finora hanno dato migliaia di pellegrini emergono tre "fattori di felicità": solitudine, solidarietà e dolore fisico
Si chiama Ultreya, come l’esortazione che si fa ai pellegrini per andare avanti e proseguire sulla strada. Ed è una ricerca promossa dall’Università di Saragozza che per la prima volta vuole misurare gli effetti del Cammino di Santiago sul benessere fisico e mentale. Tutti coloro che intendono partire possono partecipare rispondendo a un questionario (qui) e attraverso ulteriori domande – al ritorno e dopo massimo tre mesi – i ricercatori profileranno nel rispetto della privacy gli effetti a breve e lungo termine. Finora sono migliaia le persone che hanno contribuito con le loro esperienze alla ricerca, dalle quali emergono risultati chiari: sì, il Cammino di Santiago cambia la vita in meglio.
Al primo posto la solitudine “perché, anche se il percorso lo si può fare in compagnia, si ripensa ai diversi aspetti della propria vita”. Poi ci sono “la solidarietà, sia con i pellegrini lungo la Via sia negli ostelli e, infine, il dolore fisico che si è dovuto sopportare”. Aspetti che, seppure senza alcun grado di scientificità, erano emersi anche dalle decine di esperienze raccolte nel longform de ilfattoquotidiano.it Sulla via di Santiago. I risultati definitivi della ricerca Proyecto Ultreya saranno pubblicati la prossima estate.