Mondo

Immigrati, stretta di Trump: “Stop al limite di 20 giorni in carcere per i minori”

Il presidente Usa annuncia il superamento dell'accordo Flores, che garantisce condizioni dignitose ai minorenni in condizione di detenzione. E in vista delle elezioni apre ad Iran e Corea del Nord: "Insieme ce la faremo", dice a Kim

Una legge per superare l’accordo Flores. Nel bel mezzo della tempesta mediatica causata dalle rivelazioni del libro di Bob Woodwardsecondo cui i suoi più stretti collaboratori lo riterrebbero un “idiota – e in vista delle elezioni di medio termine di inizio novembre, Donald Trump annuncia provvedimenti volti a neutralizzare il limite di 20 giorni per la custodia in carcere dei minori immigrati.

Dopo la pronuncia del tribunale della California nel caso Flores vs Reno, Bill Clinton aveva siglato nel 1997 l’accordo che, oltre alla barriera temporale, fissa determinati standard di detenzione per i minori: sufficienti quantità di cibo e acqua, assistenza sanitaria, servizi igienici e condizioni di temperatura adeguate. Ciò che non è assicurato ai loro genitori, alcuni dei quali hanno denunciato le condizioni squallide in cui vengono trattenuti al confine Usa-Messico. La Segretaria alla sicurezza nazionale, Kirstjen Nielsen, ha definito l’accordo Flores una “scappatoia legale” che incoraggia l’immigrazione e impedisce al governo di espellere dal Paese chi non ha il diritto di rimanerci.

In questo modo, il presidente Usa dà seguito all’annuncio fatto nello scorso giugno secondo cui avrebbe “fatto qualcosa” per evitare il dramma delle separazioni forzate, che aveva creato forte contrarietà nell’opinione pubblica, soprattutto dopo la diffusione degli audio di bambini in lacrime allontanati a forza dalle mamme e dai papà al confine con il Messico. “Dobbiamo essere rigorosi al confine, ma dobbiamo anche avere compassione”, aveva detto. La soluzione annunciata da Trump andrebbe però sì nel senso di unificare i destini di genitori e figli, ma nel modo peggiore: e cioè rimuovendo le garanzie che l’accordo del 1997 attribuiva a questi ultimi.

Sempre oggi, e sempre in chiave elettorale, il capo della Casa Bianca si è lasciato andare a esternazioni di stima e affetto nei confronti dell’ex nemico Kim Jong-Un, che, attraverso fonti sudcoreane, ha fatto sapere di conservare una “fiducia invariata” in Trump per lavorare insieme alla denuclearizzazione. “Grazie presidente Kim, insieme ce la faremo!”, ha twittato. Mentre, appena ieri, ha definito “possibile” un suo incontro vis à vis con il presidente iraniano Hassan Rouhani a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu che si terrà a fine settembre.

Un Trump, insomma, che da un lato fa la faccia feroce sul fronte interno, stringendo sull’immigrazione contro una buona parte del suo stesso partito; dall’altro spinge per accreditarsi con la comunità internazionale (e col proprio elettorato) come un diplomatico efficace, lanciando segnali di apertura ai Paesi con cui ha vissuto le situazioni di maggior tensione, Iran e Corea del Nord. Le elezioni di midterm sono vicine.