Mondo

Usa, le riforme di Trump non servono a niente

Donald Trump, il presidente americano più anomalo di tutta la storia americana, è riuscito finalmente quest’anno a realizzare il suo sogno più alto, dopo, ovviamente, quello di entrare da padrone nella Casa Bianca: dimostrare al mondo intero cosa può e deve fare chi dispone di tutto quel potere, di tutti quei soldi e di tutta quella forza.

Giocare le sue mosse più azzardate suggerite dalla sua ansia di onnipotenza era il suo sogno ed è quello che ha cercato di fare fin dal primo giorno che ha avuto pieni poteri.

Ricordate il suo primo ordine esecutivo? “Tutti possono entrare negli Usa, meno quelli che dico io” (ho tradotto qui in italiano corrente il suo pensiero, non la sua parola), ma tutti hanno immediatamente capito, anche da lontano, chi era il personaggio. Che non si è minimamente scomposto quando qualche giudice federale gli ha fatto notare che certi suoi poteri li può esercitare solo se sussistono certe condizioni, altrimenti lui deve rispettare le leggi in vigore come tutti gli altri.

Allora si è allontanato subito da quei litigi da burocrati perditempo e ha spostato le sue attenzioni alle “Grandi Opere”. No, non la costruzione o il rifacimento delle grandi infrastrutture presenti sul suolo americano (autostrade, ferrovie, aeroporti, ecc.) di cui a migliaia necessitano urgenti interventi. Macché, lui pensava già alla sua “Grande Muraglia”, indispensabile per lasciare ai posteri una testimonianza indelebile del suo passaggio su questo piccolo mondo popolato, anche ai livelli più alti del potere, da omuncoli che (a suo parere) il potere non lo sanno proprio esercitare. Guardatelo in faccia mentre parla… anzi, mentre comanda al mondo intero cosa deve fare per compiacerlo ed evitare così di litigare con lui.

Il “porcellizzo” nordcoreano che minacciava addirittura una tempesta nucleare sui cieli a stelle e strisce, Trump ha impiegato pochi mesi a metterlo a cuccia. L’irriverente premier canadese e il presidente messicano sono stati liquidati in 24 ore dopo che si sono rifiutati di piegarsi al suo volere. Ma lui detesta più di tutti i giornalisti perché fanno parte anche loro della categoria dei perditempo. Tuttavia se un giornalista amico riuscisse a fargli le domande più comuni è probabile che risponderebbe così.

Gli europei? Li abbiamo già fermati due volte il secolo scorso mentre se le davano a più non posso tra di loro nel tentativo di prevalere con le armi, ma due secoli prima, quando erano ancora qui a comandare con la loro ridicola monarchia costituzionale è bastato qualche manipolo di nostri coraggiosi agricoltori armati di schioppo per rispedirli a casa, andata senza ritorno.

I cinesi? Hanno approfittato già troppo della generosità degli americani. Non devono nemmeno pensare che con me al timone possa continuare ancora così. Lo sbilancio nel flusso commerciale tra Usa e Cina è di quasi 500 miliardi di dollari, occorre perciò un taglio netto per ristabilire equilibrio. Non dovrei dirlo, ma quegli inconcludenti che hanno guidato il governo americano prima di me (Obama e Bush) si son fatti incantare dalle chiacchiere e dai sorrisi dei cinesi. Con me alla guida non ci riusciranno.

Trump è molto bravo a vendere la sua mercanzia, la verità è però che le sue riforme non hanno niente di essenziale e necessario per il popolo e per la nazione. La ripresa economica era già stata pienamente raggiunta nell’ultimo anno di Barack Obama. La disoccupazione è ormai inesistente. Quindi, salvo la ragione di compiacere se stesso e i suoi amici miliardari non si capisce la ragione economica di varare la famigerata “flat tax”.

L’immigrazione è tuttora in crescita, ma è già stata capillarmente regolata fin dai tempi di Carter e, anche se quella clandestina è comunque da controllare, sul piano economico e sociale non solo non è un problema ma è anche una risorsa in molti settori. Non ha quindi nessuna motivazione, salvo quella razziale, la politica del “pugno di ferro” che lui sta usando contro dei clandestini ormai perfettamente integrati nel tessuto sociale americano.

La guerra commerciale avviata da Trump non può aggiungere niente di utile all’economia americana, anzi, come spiega molto bene Stiglitz nel suo recentissimo articolo, fatta al suo modo crea tutta una serie di reazioni tra le quali la perdita di posti di lavoro, l’indebolimento del dollaro, il rialzo dei prezzi con il ritorno di una inflazione che la Fed avrebbe difficoltà a controllare, il rischio di un ritorno in recessione, la perdita di alleanze commerciali (e politiche) ecc. ecc. Stiglitz conclude dicendo che l’unico a guadagnarci da quelle sballate politiche è solo l’incommensurabile egocentrismo dello stesso Trump.

Persino nel recente incontro a Washington con Juncker, rappresentante europeo, pur giocando in casa, ha perso malamente la partita perché, come illustra egregiamente Simon Johnson nell’articolo “Europe’s trade victory in Washington” lui ha fatto come quegli inesperti giocatori di scacchi che pensano infinite mosse e decidono alla fine di fare proprio quella sbagliata che li mette sotto scacco.

Nelle sue maggiori riforme non c’è niente di veramente utile sul piano economico e sociale. Appare invece in modo netto il suo esibizionismo narcisista accompagnato da ansia di protagonismo a tutti i costi (che naturalmente farà pagare ad altri).

L’unico aspetto positivo è che con queste “schiforme” riuscirà a mettere ancor più in evidenza il fallimento sul piano sociale del “turbocapitalismo-ultraliberista” made in Usa che già tanti danni ha creato nel globo.