Politica

L’Aristotele della Maturità parla a Salvini. E lo inchioda alle sue responsabilità

Ho letto da qualche parte che Matteo Salvini ha studiato al liceo classico Manzoni di Milano e, per un’associazione d’idee, ho pensato a lui qualche giorno fa quando – come seconda prova – al classico è uscita la versione di Aristotele. L’Etica Nicomachea contiene molti temi (felicità, giustizia, saggezza, vita contemplativa…), mi soffermo su alcuni, nella speranza che il ministro – alla luce dei suoi studi – voglia riflettere su Aristotele.

Dopo la distinzione tra virtù etiche e virtù dianoetiche che chiude il libro I, lo Stagirita parla della medietà (“Il coraggio è il giusto mezzo tra viltà e temerarietà”). Come si posiziona, lei, ministro, schedando i rom? Come, minacciando Saviano? Dovrebbe riprendere in mano l’Etica Nicomachea, recuperando pagine non lette negli anni del liceo. Il giusto mezzo significa che la ragione disciplina le passioni, riconducendole alla giusta misura. Quanti eccessi – lo riconosca – nella sua azione di governo? Quante frasi fuori luogo sui migranti, mentre avrebbe potuto, con moderazione, rivendicare qualche risultato. Ma lei ha scelto gli eccessi e cancella Aristotele. Sbaglia.

Nessuno può sparare idiozie a lungo senza stancare l’opinione pubblica. Con Saviano ha toccato il fondo; aveva già sbagliato un anno fa – “se andiamo al governo gli leviamo l’inutile scorta” – oggi insiste. “Frasi e azioni dicono chi siamo”. Immagini di essere nel suo liceo, ministro, e riprenda in mano l’Etica di Aristotele: “Compiendo cose giuste diventiamo giusti”. Significa: l’azione e l’abitudine ci determinano. Lei ha compiuto azioni e acquisito abitudini turpi. Che modello di Stato mostra al Paese? Aristotele scrive: “I legislatori rendono migliori i cittadini, abituandoli al bene; questo è il volere di ogni legislatore, quelli che non l’effettuano mancano al loro scopo”. Qual è il volere del legislatore Salvini? L’impressione è che lei voglia il caos per proporsi (lo sta già facendo) come uomo d’ordine. Non va bene.

La polemica con Saviano, che l’ha chiamata “buffone” e “ministro della malavita”, dice l’equilibrio instabile su cui si regge: Salvini “è stato eletto in Calabria, durante un suo comizio a Rosarno, tra le prime file c’erano uomini della famiglia Pesce, storica famiglia di ‘ndrangheta di Rosarno […] da codardo non ha detto niente contro la ‘ndrangheta”. Accuse gravi, dovrebbe dare qualche spiegazione piuttosto che delirare sulla scorta da togliere a Saviano. L’autore di Gomorra ha la stima delle persone perbene.

Se prendesse in mano Aristotele, ministro, capirebbe che certe parole/azioni sono negative in modo assoluto. Dice lo Stagirita: “Non ogni azione ammette il giusto mezzo: alcune infatti già nel loro nome comprendono un’idea di cattiveria, come la malignità, l’imprudenza… L’omicidio”. Ecco. Quanta imprudenza c’è nella sua azione politica? Quanta malignità nell’esercitare un ricatto su Saviano (se parli male di me ti tolgo la scorta)? Quanto cinismo nel farsi eleggere in Calabria e fare il ministro dell’Interno attaccando il simbolo della lotta alla mafia. Non è sopportabile. Saviano si può criticare, certo (come tutti) su singole opinioni, ma levargli la scorta e mettere a rischio la sua vita è al di là di ogni immaginazione. Non è per questo che milioni di cittadini hanno votato 5Stelle e appoggiato il governo. I pentastellati fermino la terribile deriva del salvinismo e pretendano l’applicazione rigorosa del “contratto”. Altrimenti è meglio tornare alle urne. Al più presto.

Post scriptum: Aristotele parla anche della responsabilità morale. Che riguarda solo gli atti volontari. “Sono involontari – dice – anche gli atti compiuti per ignoranza”. E’ meglio leggere lo Stagirita che subirne la logica.