Diritti

Aquarius e migranti, contro gli opposti qualunquismi

Sulla nave Aquarius ci sono 629 persone: la discussione sul blocco dei porti deciso dal ministro dell’Interno Matteo Salvini non può prescindere dalla concretezza di questo dato. Persone che hanno conosciuto vite terribili e stanno assecondando il più umano degli istinti, quello di perseguire un’esistenza migliore. Anche per rispetto nei loro confronti, noi che possiamo parlare, analizzare, discutere ma non decidere, dobbiamo rifuggire gli opposti qualunquismi che si stanno scatenando in queste ore.

Non basta un hashtag.  Il sito Valigia Blu ha lanciato la campagna #umanitàaperta. Twittiamo pure, noi ristretta minoranza progressista che usa i social network più d’élite, ma il resto del Paese sta con Matteo Salvini. Basta sentire le trasmissioni radio di questi giorni, o il parere di chiunque non viva nella nostra bolla dell’infotainment.

Il dramma migranti è stato gonfiato dalle tv che hanno raccontato folle inferocite dove c’erano pochi facinorosi, ma è un dato oggettivo che la Lega è cresciuta e che i Cinque stelle sui temi migratori non hanno certo posizioni molto dissimili. Forse nei toni sì, ma non nella sostanza (ammesso che una sostanza ci sia).

L’ipocrisia delle opposizioni. Il tema è troppo serio per soffermarsi sui figuranti di questo dibattito, ma ci tocca. Il Pd e le altre frattaglie di opposizione stanno dando un pessimo spettacolo. “Noi abbiamo sempre garantito sicurezza e accoglienza, fieri di essere diversi”, twitta il segretario del Pd Maurizio Martina. Ma l’idea di chiudere i porti è stata avanzata oltre un anno da da Marco Minniti, celebrato ministro dell’Interno del Pd (poi il dissenso di Graziano Delrio, altro ministro Pd, ha fatto prevalere la linea più morbida del codice di auto-regolamentazione delle Ong).

Non è certo da meno Giorgia Meloni, che con Fratelli d’Italia è alleata dell’Ungheria di Viktor Orbàn, fiera oppositrice di tutte le politiche che prevedono una condivisione europea del problema migranti. Twitta la Meloni: “La nave sia fatta entrare in Italia e poi sia sequestrata e l’equipaggio denunciato per traffico di esseri umani. Vediamo quante navi è in grado di comprare Soros”.

Il caso della nave Cap Anamur del 2004, con le assoluzioni di tutti gli ufficiali, dimostra che non c’è alcun automatismo.  E il riferimento al finanziere – filantropo George Soros serve solo a solleticare quell’elettorato complottista che vede in Soros il regista di ogni problema mondiale (c’è anche un ormai palese e disgustoso anti-semitismo nella campagna contro Soros e la sua Open society foundation).

La tattica di Salvini e il silenzio dell’Europa. L’unico protagonista di questa vicenda è Salvini, che sta facendo esattamente ciò per cui è stato votato, dopo una campagna elettorale monotematica: una prova di forza che piace al suo elettorato, vedremo con quali conseguenze. Lo schema di ricollocamento obbligatorio dei rifugiati identificati in Italia e Grecia, la ricetta della Commissione europea di Jean-Claude Juncker, non ha mai davvero funzionato: l’Ungheria non ha accolto alcun rifugiato, la Polonia neppure, anche molti altri Paesi sono inadempienti.

La riforma del trattato di Dublino che impone di fatto gli obblighi dell’accoglienza al primo Paese di arrivo per i richiedenti asilo si è arenata ben prima che si insediasse il governo giallo-verde, boicottata dai sedicenti nostri partner europei.

In questi anni, lo hanno ammesso molti dei protagonisti, c’è stato uno scambio non dichiarato: l’Italia si faceva carico della questione migranti e la Commissione Ue le concedeva flessibilità di bilancio (19 miliardi in tre anni), che è stata usata per tutto tranne che una gestione non più emergenziale dell’immigrazione, per esempio assumendo personale per smaltire più in fretta le pratiche di identificazione.

Le opzioni rimaste. Il caso Aquarius può portare forse a una revisione della zona Sar (Search and Rescue) della Libia, magari a un maggiore coinvolgimento di Malta (un’isola con 416mila persone che non fa sbarcare i migranti ma ha accettato di accogliere alcuni rifugiati nello schema di ricollocazione: 14, ma non è neppure molto inadempiente perché gliene spetterebbero soltanto altri 20). Le soluzioni che Salvini può considerare percorribili, al netto delle ipotesi fantasiose, non sono molte.

Primo: una condivisione formale, mettendo a disposizione i porti di Francia e Spagna, per far sbarcare le navi cariche di migranti. Sembrava molto poco probabile, ma la prima apertura arrivata dal nuovo governo spagnolo di Pedro Sanchez invece lo rende uno scenario meno fantascientifico.

Per Salvini sarebbe un successo diplomatico rilevante dimostrare – o almeno poter sostenere – che gli sbarchi sono sempre stati in Italia perché i precedenti governi erano troppo arrendevoli con i partner.

Secondo: una condivisione de facto dell’onere dei migranti con una riapertura delle frontiere, lasciando uscire dall’Italia chi vuole andarsene (sembra strano? è stata l’unica politica migratoria dell’Italia dell’Ue fino a un paio di anni fa). Poco probabile.

Terzo: il superamento della regia italiana del traffico marittimo. Finora è sempre la guardia costiera italiana a dover dire dove le navi delle Ong – ma anche quelle militari – devono scaricare i migranti. Quando la risposta è una costa europea, è sempre l’Italia, quando la risposta è “tornate in Libia” si scatenano polemiche in Italia per le condizioni nei centri di detenzione.

Salvini potrebbe ottenere che la responsabilità di gestire queste operazioni marittime sia affidata a un coordinamento europeo, così da evitare che sia sempre l’Italia a dover prendere decisioni e quindi a essere responsabile delle sorti dei migranti.

Quarto: le soluzioni di medio periodo cui ha lavorato il governo Gentiloni con il ministro Minniti hanno il maggiore potenziale di arginare il flusso. Aiutare la Libia a tornare uno Stato sovrano e funzionante, cooperare con i Paesi al Sud come il Niger e con gli alleati regionali come la Tunisia per spezzare alcuni nodi della catena della tratta di persone che arricchisce le tribù nel Sud della Libia e gli scafisti a Nord.

Ci vuole diplomazia – non la specialità di Salvini – ma distruggere quel lavoro in nome di qualche titolo sui giornali sarebbe suicida.

Quinto: Salvini può puntare anche a un successo simbolico, influire sull’agenda del Consiglio europeo del 27-28 giugno dedicato ai migranti. Non ci sarà nessuna decisione operativa ma, dal punto di vista del ministro dell’Interno, ha un senso drammatizzare la situazione prima del vertice.

Il problema è che Salvini difficilmente potrebbe accettare soluzioni che invece sembrano auspicate da partner come Angela Merkel (in sintesi: più soldi per compensare il fastidio di avere i migranti).

Detto questo: è giusto che un pezzo di opinione pubblica – incluso il Vaticano con il cardinal Gianfranco Ravasi – sottolinei soltanto  le ragioni dell’umanità, dell’accoglienza e dell’apertura. Ma sappiamo che rinunciare ad avere una politica migratoria non è una soluzione percorribile e, in democrazia anche questo conta, è contrario alla volontà di una parte che pare maggioritaria degli italiani.

C’è chi ha il compito di denunciare ogni compromesso morale. E chi ha il compito di capire quali sono i compromessi che limitano al meglio i danni.

Anche per le persone a bordo dell’Aquarius.