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Spread, l’economista Arrigo: “Stavolta rischiamo davvero il default. Salvini e Di Maio a libro paga di Soros?”

Il professore di finanza pubblica: "Come può la politica pensare di poter chiedere denaro in prestito sui mercati dicendo che però forse non c'è l'intenzione di rimborsare i debiti?"

“Qui davvero stavolta rischiamo il default”. Per il professor Ugo Arrigo, docente di finanza pubblica all’Università Bicocca di Milano, la politica italiana sta davvero giocando con il fuoco. “Lo spread è salito molto velocemente e rischia di mettere in difficoltà il Paese più di quanto non sia accaduto nel 2011 – precisa – Si immagini che cosa sarebbe successo allora se, in piena crisi, avessimo deciso di andare a votare. Dove sarebbe arrivato lo spread?”, si chiede Arrigo che auspica di trovi la quadra su un nuovo governo. “Altrimenti è il suicidio economico degli italiani – conclude – Speriamo che le principali forze politiche sappiano farsi due conti. O che si prendano qualche economista che li sappia fare”.

Intanto, secondo il professore, se Carlo Cottarelli non riuscisse a mettere assieme un esecutivo, lo scenario più probabile sarebbe un governo tecnico con un incarico ad un giurista di fama rinomata come Sabino Cassese. O magari il presidente Sergio Mattarella potrebbe decidere di affidare alla destra il compito di formare un esecutivo. “Insomma, ci sono partiti che hanno affrontato le elezioni, sono andati nei talk show, hanno fatto battage in tv e poi non si riesce a trovare nessuno che vuole governare?”, continua il professore.

Sullo sfondo resterebbe l’ipotesi di default che è davvero lo scenario più cupo per il Paese che sta vivendo giorni decisamente bui. Persino peggiori di quelli del 2011 che portarono a palazzo Chigi Mario Monti sull’onda di uno spread schizzato da 173 a 570 punti in un anno. “Il problema è che questa volta la reazione dei mercati è molto più veloce perché gli investitori credono che, se alle prossime elezioni Salvini e Di Maio dovessero avere la maggioranza, l’Italia uscirà dall’euro o avrà delle conseguenze equivalenti”. A poco e nulla sono quindi valse le dichiarazioni rassicuranti post-voto di Lega e 5 Stelle: gli investitori si sono convinti che davvero Roma potrebbe dire addio alla moneta unica. “Del resto ci sono due forze politiche che hanno dichiarato di voler uscire dall’euro – prosegue – Prima lo hanno scritto in una bozza di programma, successivamente rivista. Poi hanno insistito su un nome strettamente legato all’uscita dall’euro”. Salvo infine negare nuovamente l’addio alla moneta unica. “Ma chi vuoi che ti creda?”, si chiede retoricamente il professore. “Visto come sta andando lo spread non c’è che un’ipotesi razionale: Salvini e Di Maio sono a libro paga di Soros. Oppure sono due coglioni. Mi domando se si rendono conto di quanti miliardi stanno regalando agli speculatori”, prosegue il professor Arrigo puntualizzando che “un politico non deve sapere tutto”, ma deve preoccuparsi degli “effetti delle sue dichiarazioni” non solo in ottica di strategia elettorale, ma anche di impatto economico-finanziario nazionale e internazionale.

Il punto è infatti che da qui alla fine dell’anno l’Italia dovrà battere cassa sui mercati per rifinanziare circa 400 miliardi di debito pubblico in scadenza cui dovrebbero aggiungersi anche altri 30 miliardi di spesa in più da coprire con nuovi titoli. “Allora io mi chiedo, come può la politica pensare di poter chiedere denaro in prestito sui mercati dicendo che però forse non c’è l’intenzione di rimborsare i debiti?”, precisa il docente. Per non parlare del fatto che l’intera faccenda peserà sulle tasche degli italiani. “Ci vorrà del tempo per vedere gli effetti di questa crisi sul bilancio dello Stato, mentre l’impatto immediato sarà sui privati e sull’economia – puntualizza Arrigo – la crisi dello spread del 2011 non è pesata molto alla finanza pubblica, ma è costata dieci punti di pil fra mancata crescita e caduta del prodotto interno lordo. In termini di tassi d’interesse sul debito forse avremmo pagato in più circa 40 miliardi, ma abbiamo perso 80 miliardi di prodotto interno lordo l’anno di cui circa 35-40 di gettito fiscale”, precisa.

“A questo punto, la cosa migliore è che qualcuno si sacrifichi e dia un governo a questo Paese – conclude –che resti in funzione fino a dicembre producendo la legge di Bilancio e sterilizzando l’aumento dell’Iva – conclude – Ma, se si vota dopo l’estate, si fa in tempo ad avere un governo che riesca entro dicembre a togliere la clausola dell’Iva considerando che, a quel punto, però ci sarà stato tutto l’effetto dello spread? Magari l’esecutivo riuscirà anche ad eliminare lo scatto dell’Iva, ma si troverà poi a fare delle cose esattamente di segno opposto perché c’è stata la crisi dello spread. Se, invece, vogliamo sciogliere le Camere ora, allora tanto vale dichiarare subito fallimento”.