Mafie

Aemilia, chiesta la condanna a 6 anni per il campione del mondo Vincenzo Iaquinta

L'accusa del maxi-processo sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Emilia Romagna si è chiusa con richieste di carcere per tutti i 147 imputati. Al calciatore vengono contestati reati relativi alle armi con aggravante mafiosa. Chiesti 19 anni per il padre Giuseppe

La requisitoria del processo Aemilia si chiude con la richiesta di condanna per tutti i 147 imputati. E alcune sono molto pesanti, come quelle per Vincenzo e Giuseppe Iaquinta. Per l’ex attaccante della Juventus e campione del mondo nel 2006, accusato di reati relativi alle armi con l’aggravante mafiosa, sono stati chiesti 6 anni di carcere, 19 per il padre Giuseppe per affiliazione alla ‘ndrangheta.

Nell’aula bunker di Reggio Emilia, dove sta andando in scena il più grande processo contro la ‘ndrangheta mai celebrato nel nord Italia, i magistrati della Dda di Bologna hanno contestato, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, false fatturazioni, usura, estorsione e frode. Oltre a Iaquinta padre e figlio, le richieste di pena più alte sono arrivate per Michele Bolognino (30 anni in ordinario e 18 in abbreviato), Gaetano Blasco (26 anni e 6 mesi in ordinario e 16 anni in abbreviato), Pasquale Brescia (14 in ordinario e 4 anni e 6 mesi in abbreviato).

Sono state chieste condanne importanti anche per Antonio Valerio (10 anni in abbreviato e 15 anni e 10 mesi in ordinario) e Salvatore Muto (8 anni in abbreviato), due imputati che nel corso dei mesi hanno scelto di collaborare. Per alcuni dei 147 imputati sono state fatte, nel corso degli ultimi due anni, integrazioni d’accusa da parte della Procura, secondo cui gli atti criminali sarebbero proseguiti anche dal carcere. In 24 hanno chiesto di essere processati in rito abbreviato per quei capi di imputazione.