Scuola

Da Maria Montessori a Gianni Rodari, i grandi maestri vivranno sotto lo stesso tetto

Ai miei alunni dico sempre: non fate sogni da tenere nel cassetto. Basta con questi desideri onirici. È ora di fare sogni da tirare fuori dal cassetto. Uno di questi l’avevo da tempo: dare un tetto, una casa ai grandi maestri. L’ho ripensato mentre mi trovavo nei mesi scorsi in un quartiere difficile della periferia di Palermo a condividere la storia di altri insegnanti e bambini che vivono in luoghi dove esiste ancora l’analfabetismo.

La nostra scuola continua a inventarsi metodi, parla di innovazione, di digitale, si riempie la bocca di inglesismi ma quando chiedo a qualche collega o a qualche preside se ha letto La pedagogia della lumaca di Gian Franco Zavalloni, Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani, Il Paese sbagliato di Mario Lodi o La grammatica della fantasia di Gianni Rodari o ancora se conosce Danilo Dolci, Maria Montessori o Alberto Manzi, incontro qualche sguardo smarrito. Qualcuno mi ha risposto: “Roba da anni sessanta” oppure “Ancora a pensare a questo don Milani”. Altri ancora: “La Montessori è roba per ricchi”.

Ogni riforma, compresa la “buona scuola”, viene fatta senza una mezza citazione di questi grandi maestri. Nei collegi docenti si parla di tutto ma poche o rare sono le volte che si riflette insieme anche su una sola pagina scritta dalla Montessori, da Lodi o dalle sorelle Agazzi. Chi vive nelle proprie classi gli insegnamenti che ci hanno lasciato questi uomini e queste donne? Ai corsi di formazione ci propongono di tutto e di più ma mai una volta che qualcuno ricordi i nomi e i cognomi di chi ha cambiato la nostra scuola.

Siamo stanchi di sentirci ripetere regole, leggi, circolari, obblighi. È sempre e tutto un “dovete”, “state attenti”, “è obbligo”. Eppure per stare con i ragazzi, con i bambini abbiamo bisogno di entusiasmo, di lentezza, di un tempo per noi, di uno spazio per imparare ad amare, a stare in silenzio o in ascolto. Abbiamo bisogno di fare sogni realizzabili, di spostare cattedre, di non pensare al verbo compilare, di stare insieme, di guardarci negli occhi.

Da maestro e da cittadino ho sentito il dovere di trovare un luogo dove dare casa a tutti coloro che hanno lasciato una traccia nella scuola italiana. Ho sognato un luogo dove chiunque potesse trovare libri, documenti di questi uomini e di queste donne di scuola. Ho sognato un percorso dove tanti colleghi potessero rivedere, riconoscere i maestri grazie a mostre, laboratori, incontri con chi ha conosciuto Lodi, Zavalloni, Manzi e tutti gli altri. A dicembre ne ho parlato con un’amica: Rosa Giudetti, presidente dell’Associazione Montessori di Brescia. Tempo qualche ora e grazie a Daniela Mena – che a Chiari ha inventato il Festival della microeditoria – avevamo un luogo dove iniziare a dar vita questo progetto.

Sabato quel sogno uscirà dal cassetto. A Chiari (Brescia) daremo vita a Officina EducAzione, un cantiere che ospiterà ogni anno un grande maestro e tutti i colleghi che oggi stanno quotidianamente in aula. Partiremo ricordando per un anno la figura di Gian Franco Zavalloni, l’uomo che ha pensato, scritto La pedagogia della lumaca. Chi vorrà potrà fino al 5 giugno incontrare i suoi disegni. Di lui parleremo sabato mattina con chi l’ha conosciuto. Continueremo con laboratori, atelier che ci faranno conoscere meglio questo maestro della scuola dell’infanzia diventato anche dirigente.

Non cambieremo la scuola italiana. Ma crediamo nei miraggi perché come scriveva Henri Desroche: “Nessuna strada ha mai condotto nessuna carovana fino a raggiungere il miraggio ma solo i miraggi hanno messo in moto le carovane”.