Politica

Governo, l’ultima chiamata di Mattarella ai partiti: “Fermi da due mesi, ditemi se ci sono altre maggioranze possibili”

Il presidente della Repubblica convoca per lunedì un nuovo giro di consultazioni, il quinto in poco più di 30 giorni. Ma se le forze politiche resteranno sulle proprie posizioni, è pronto un piano B. E non è il voto in estate

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarellal’ultima possibilità ai partiti. Convocherà per lunedì un altro giro di consultazioni, il quinto se si contano anche i due mandati esplorativi affidati ai presidenti delle Camere Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. “A distanza di due mesi – fanno notare dal Quirinale – le posizioni di partenza dei partiti sono rimaste invariate. Non è emersa alcuna prospettiva di maggioranza di governo”. L’ultima ipotesi, quella di un’intesa tra M5s e Pd, è tramontata nei giorni scorsi, sottolineano dal Colle, lasciando per implicito che la ragione sta nelle dichiarazioni pubbliche di Matteo Renzi e delle sue nutrite pattuglie parlamentari. Quindi i nuovi colloqui, in programma tutti nella sola giornata di lunedì, serviranno a “verificare se i partiti abbiano altre prospettive di maggioranza di governo”. Questa volta il capo dello Stato ascolterà le delegazioni dei gruppi parlamentari avendo in mente già un piano B, da esporre subito dopo la fine delle consultazioni. Se quelli andranno al Quirinale e ripeteranno quello che hanno ribadito per due mesi – cioè rimettendo in vetrina veti, blocchi, orgogli liti interne a partiti e coalizioni -, il presidente potrebbe mettere mano a una sua soluzione. Per la cronaca il primo incontro di Mattarella al Quirinale sarà con il M5s alle 10, poi alle 11 la delegazione unita del centrodestra, alle 12 il Pd, alle 16 Liberi e Uguali, alle 16.20 il gruppo Autonomie del Senato, alle 16.40 il gruppo misto del Senato, alle 17 il gruppo misto della Camera. La chiusura in serata con i presidenti di Camera e Senato (alle 17,30 Fico, alle 18 la Casellati).

I giornali concordano nel dire che Mattarella vuole ancora evitare nuove elezioni subito, ma se fosse, non sarebbe prima di dicembre, in modo da avere il tempo per gestire pienamente due partite che per il Colle sono fondamentali: la legge di bilancio e le scadenze europee. L’ideale sarebbe rimettere mano alla riforma elettorale, che non ha provocato ma ha agevolato questa situazione di impasse, ma in quel caso i tempi si allungherebbero e chissà se i partiti ci starebbero.

Già: ma quale governo? La premessa generale è che il presidente della Repubblica non darà mai un incarico al buio, cioè senza che ci siano numeri solidi in Parlamneto per una fiducia. I voti non si vanno “a cercare”, come ripetono spesso i leader del centrodestra. E quindi le strade sono due. Una è un pre-incarico a qualcuno del centrodestra. Potrebbe essere Giancarlo Giorgetti, che ha una comunicazione, un atteggiamento, toni molto più istituzionali di Matteo Salvini. Per giunta ha buone armi diplomatiche e canali già aperti con il Pd. Nel suo curriculum, tra l’altro, c’è la partecipazione ai “saggi” del presidente Giorgio Napolitano nella fase di stallo del 2013, prima della nascita del governo di Enrico Letta. E, se proprio bisogna stare attenti alle parole, i renziani dicono no “a un governo di Di Maio o di Salvini”, mentre Ettore Rosato ha confessato senza troppi problemi che il Pd è più compatibile con Forza Italia che con tutti gli altri. Un governo Giorgetti, peraltro sotto l’egida del Quirinale, sarebbe più digeribile.

L’altra strada è quella istituzionale. Secondo i quirinalisti il toto-nomi di questi giorni è fuori fuoco: gli ex giudici costituzionali Giovanni Maria FlickSabino Cassese, il presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno. In realtà più praticabile sarebbe il ritorno da uno dei presidenti delle Camere Fico e Casellati, questa volta con incarichi veri e propri e non con mandati esplorativi. Uno scenario che potrebbe avere più speranze in Parlamento, magari con un nuovo, aperto, più chiaro appello alla responsabilità da parte del capo dello Stato. E anche in caso di sfiducia – che però a quel punto i partiti dovrebbero dare davanti agli occhi degli italiani, assumendosene il peso delle conseguenze – rimarrebbe in carica quel governo e non quello di Gentiloni, ormai moribondo da mesi, pur gestendo gli affari correnti. Eppure anche l’esecutivo uscente non sembra uscito dalle carte in mano al presidente.

E poi c’è comunque sempre un’ultima speranza: “L’auspicio è semplice – dice il sostituto alla segreteria di Stato vaticana, monsignor Angelo Becciu – Speriamo e auguriamo che presto si trovi un soluzione. Avevo già detto che assicuravamo preghiere al presidente Mattarella, mi pare che le dobbiamo aumentare ancora di più”.