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Biologico, Europarlamento vara il nuovo regolamento. L’Italia di traverso: ‘Occasione persa, pessimo compromesso’

Il provvedimento che dal 2021 disciplinerà produzione e commercializzazione dei prodotti è stato approvato con 466 voti a favore (124 voti contrari e 50 astensioni), nonostante il parere negativo di tutti gli europarlamentari italiani, che chiedevano norme più restrittive, soprattutto sulla soglia di contaminazione accidentale da pesticidi non autorizzati e sulle deroghe concesse all’importazione di prodotti bio da paesi terzi

Gli europarlamentari italiani bocciano il regolamento europeo sul bio che entrerà in vigore nel 2021. Il provvedimento che disciplinerà produzione e commercializzazione dei prodotti è stato approvato con 466 voti a favore (124 voti contrari e 50 astensioni) dall’Europarlamento, nonostante abbiano votato contro gli europarlamentari italiani di tutti i partiti, che chiedevano norme più restrittive, soprattutto sulla soglia di contaminazione accidentale da pesticidi non autorizzati e sulle deroghe concesse all’importazione di prodotti bio da paesi terzi. Un paradosso se si considera che l’Italia è prima tra i 28 Paesi dell’Ue per produzione e seconda per superficie coltivata: 1,8 milioni di ettari contro 2 milioni in Spagna. Le nuove norme sul bio, frutto di un compromesso tra le istituzioni raggiunto nell’estate del 2017, arrivano dopo quattro anni di negoziato. Il testo dovrà ora essere approvato dal Consiglio Ue prima che possa essere applicato dal 2021. Ha parlato di “un’occasione persa” Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, ricordando che la prossima Commissione Ue avrà ora la possibilità “di proporre standard di produzione più elevati prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento”. Negativo anche il giudizio del presidente di FederBio Paolo Carnemolla, nonostante si riconosca lo sforzo compiuto “per migliorare il testo iniziale della Commissione” tenendo in considerazione “alcune delle richieste dei produttori biologici”.

COSA CAMBIA – I produttori con aziende di piccole dimensioni, per esempio, potranno aggregarsi e ottenere una certificazione bio di gruppo, riducendo i costi. Il regolamento prevede controlli annuali antifrode per tutti gli operatori della filiera del bio (non solo agricoltori), con le ispezioni che diventano a cadenza biennale per chi risulta in regola per tre anni di fila. Potranno continuare a essere usate sementi convenzionali, ma sarà creato un database europeo per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di quelli bio. Sarà ancora possibile per le aziende agricole produrre sia in convenzionale che in biologico, mentre sulle importazioni viene sancito il principio che prodotti bio provenienti da paesi terzi debbano rispettare gli standard europei e non solo, come oggi, essere ad essi equivalenti. Il punto, però, è che esistono numerose deroghe a questo principio. Tanto per fare un esempio: sono fuori dall’obbligo gli accordi commerciali bilaterali. I prodotti che accidentalmente vengono contaminati da pesticidi non autorizzati nel settore biologico potranno continuare ad avere la certificazione.

I PUNTI PIÙ CRITICATI – Insieme alle deroghe al principio di conformità dei prodotti importati c’è un altro aspetto molto criticato. I Paesi che, come l’Italia, hanno un meccanismo di decertificazione automatico dei prodotti bio contaminati da pesticidi non autorizzati nel biologico potranno mantenerlo, ma non impedire la commercializzazione nel proprio mercato di prodotti di altri paesi europei che si comportano diversamente. La Commissione europea aveva proposto di estendere il sistema già applicato in Italia a tutta l’Ue, ma non c’è stato nulla da fare. Si tratta di un punto su cui già si erano espressi negativamente gli eurodeputati della Commissione agricoltura. “Il punto cruciale negativo è poi l’aver eliminato completamente le soglie per i residui di fitofarmaci” ha dichiarato De Castro, che si domanda che differenza ci sia, a questo punto, con l’agricoltura convenzionale. Secondo il vicepresidente della ComAgri “l’accordo finale rappresenta un compromesso al ribasso”.

IL RISCHIO DI SVANTAGGIO COMPETITIVO – Le nuove regole europee sull’agricoltura biologica, secondo la Confederazione italiana agricoltori “non sono assolutamente in linea con i livelli e gli standard di qualità che sono applicati da anni in Italia”. Intanto, per la Cia, “nel momento in cui non si interviene sulle regole che riguardano la contaminazione dei prodotti” non si apporta “alcun miglioramento per i consumatori e “si penalizza il nostro Paese, ponendoci in una condizione di svantaggio competitivo in Europa”. Anche per Copagri (Confederazione produttori agricoli) il biologico che proverrà dal vecchio continente non potrà in alcun modo offrire i livelli di qualità che garantisce quello italiano. “Appare indispensabile che il Ministero emani al più presto un nuovo Marchio del Biologico Italiano che distingua i veri prodotti Bio con provenienza Made in Italy” sottolinea Copagri, secondo cui “queste regolamentazioni potranno causare concorrenze sleali o falsature di mercato se non si interverrà attraverso gli atti delegati ed esecutivi”.