Scienza

Cina, c’è chi dice che la prima autostrada elettrica ‘sta dando buoni risultati’. Ma non è così

Notizia pubblicata in data 16 aprile 2018 sul sito ilPost.it: “Un tratto di autostrada lungo circa un chilometro in Cina produce energia elettrica, grazie a pannelli solari fotovoltaici installati al posto del tradizionale asfalto. Il tratto stradale è sperimentale, ma sta dando buoni risultati e potrebbe essere presto arricchito con altre strumentazioni per collegarsi con i sistemi di bordo delle automobili e caricare le batterie dei veicoli elettrici mentre sono in viaggio. La nuova soluzione è uno degli esempi più concreti del piano “Made in China 2025” del governo cinese, che ha in programma di differenziare meglio l’offerta industriale del Paese puntando di più sulle tecnologie legate alle rinnovabili e all’automazione”.

Peccato che la notizia, sia una non-notizia. Si tratta di un semplice dimostratore tecnologico, non di un prodotto.

Non ci siamo per molti aspetti. In primo luogo il costo. 458 dollari per metro quadro (395 e non 900 euro come riporta ilPost Automobili) è quasi 100 volte superiore al vecchio, buon asfalto. In totale l’installazione è costata 2,18 milioni di euro con una capacità di generazione annua pari a 1 milione di KWh, ovvero circa 51mila euro di valore se si acquistano come utenza domestica o 214mila se si considera il prezzo pieno del KWh.

In secondo luogo, l’efficienza non può che essere bassa per una serie di motivi:

– i pannelli devono essere orizzontali, il che non è l’ottimo per captare l’energia solare;

– i veicoli in transito generano ombra: quanto più intenso e lento è il traffico, tanto maggiore è la superficie che non riceve la radiazione solare e se poi si forma una coda il traffico si ferma l’ombreggiatura è di fatto totale, anche a Ferragosto con il risultato che la produzione di elettricità scende nelle vicinanze dello zero;

– se poi c’è il sole il problema di tenere al fresco i pannelli non è banale: maggiore è la loro temperatura, meno producono. Difficile farlo se sopra di essi c’è uno strato di cemento trasparente. Già il cemento trasparente. Perché un materiale sia trasparente deve essere o di vetro o un miscuglio di vetro e altri materiali comunque molto fini. Il che significa superfici lisce: si raccomanda la massima attenzione in caso di pioggia o neve.

Quindi la suddetta notizia è una non-notizia, ma propaganda per raccontare quanto si è bravi nella ricerca, sviluppo e dimostrazione delle tecnologie. C’è però un’altra annotazione da fare. Questa storia dell’autostrada fotovoltaica è di fine dicembre 2017. Quattro mesi perché giunga in Italia? Interessante. Anche sui contenuti c’è poi da ridire.

Se ci si diverte a cercare sull’onnisciente web si scopre che l’apertura al traffico del suddetto chilometro di autostrada con rivestimento stradale in pannelli solari fotovoltaici ha avuto vita breve.

19 gennaio 2018, venerdì. Secondo quanto riportato da Jonathan Kaiman sul Los Angeles Times, addetti ai lavori hanno scoperto che qualcuno si era portato a casa uno dei pannelli da 1 metro e 80 centimetri di lunghezza e nel farlo aveva messo fuori uso sette dei pannelli adiacenti. Il brillante portavoce della Shandong Pavenergy (azienda costruttrice della strada) ha dichiarato: “Pensiamo che il lavoro non sia stato fatto da una persona sola, né che sia stata opera di un veicolo pesante: quindi è stato un team”. Un genio della balla. Vorrei vedere chi si mette di scalpello e mazzetta a rompere uno strato di cemento per portarsi via un pannello, magari con le macchine che gli sfrecciano accanto. Non che sia più plausibile che sia stata utilizzata una squadra di guastatori. Con tutte le telecamere di controllo piazzate ovunque lungo le strade qui in Cina la cosa non è poco credibile: è impossibile. Comunque, il dato di fatto è che dopo cinque giorni dalla grande inaugurazione le due corsie sono state chiuse.

Domanda: come fa il suddetto ilPost Automobili ad affermare che “il tratto stradale è sperimentale, ma sta dando buoni risultati”? Mah!

30 gennaio 2018, martedì. Il South China Morning Post – parafrasando il classico “Compagni, contrordine!” di sessantottesca memoria – informa i lettori che non è vero, nessun pannello è stato rubato, quello che mancava all’appello era semplicemente a pezzi, migliaia di piccoli pezzi che il movimento dei veicoli aveva sparso tutto intorno dando l’idea che il pannello fosse mancante. I solerti investigatori hanno quindi affermato (ufficialmente) che il danno era stato causato da un oggetto molto pesante, misteriosamente scomparso (ovviamente) caduto da un veicolo in transito. I frammenti hanno poi danneggiato gli altri pannelli. Un giornale locale (timidamente, ufficiosamente e onestamente) ha dato un’altra versione, molto più plausibile: il tutto è accaduto per un difetto di progettazione. Lo strato di protezione non protegge abbastanza e il pannello va in pezzi. Quindi corsie chiuse e torniamo in laboratorio a studiare, che è meglio.

Il che non toglie che l’iniziativa sia degna di lode. Solo provando e sperimentando si migliora si mettono a punto i prodotti innovativi. La Cina ha la strana prerogativa di essere allo stesso tempo il più grande produttore di anidride carbonica e il primo produttore di energia da fonte solare. Il tema energetico è una delle priorità strategiche del Paese. Questa volta non è andata proprio al meglio, ma ne risentiremo parlare delle strade elettriche”. Quando iniziano qualcosa lo portano a termine, non importa se occorrono dieci o venti anni. Non mollano. Mai. Meditate, meditate.