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Siria, sette anni di guerra per scatenare una guerra più grande: complimenti

L’Occidente ha trovato la soluzione: bombardare per fermare i bombardamenti. “Attacco contro le armi chimiche”, che finché si moriva di fame, torture, cecchini e bombe convenzionali andava tutto bene.

Se fino a ieri gas e veleni erano un dubbio maligno (pazienza i 1.500 civili spezzati dagli spasmi di sarin nel 2013) oggi sono una certezza di cui si conosce perfino lo stoccaggio. “Attacco mirato”, dicono dopo aver giochicchiato col pulsante rosso da Washington, ma non certo a risolvere il problema. Theresa May, leader britannica, conferma: “Obiettivo non è un cambio di regime, ma dissuadere il regime dal fare uso di armi chimiche”. Come dire: “Se proprio vuoi continuare a uccidere migliaia di bambini, fallo coi metodi giusti (secondo noi)”. Il bon ton delle stragi.

Parole che diventano ancora più surreali quando parla mamma Onu: l’“Invito alla moderazione per evitare l’escalation” sa di “Ragazzi correte ma non sudate”.

Evidentemente l’Iraq e le guerre “di liberazione” non hanno insegnato niente ai potenti che giocano con le pistole. Ogni nuovo presidente Usa, caccia e portaerei avanzano nel mondo a ribadire chi comanda; Afghanistan, Corea o Mediterraneo non fa differenza. D’altronde non la fa nemmeno a noi italiani che in quel mare sguazziamo: presi da pagliacciate di governo per il consenso del Paese che non conta, non ripudiamo la guerra alle porte, al massimo i profughi.

È chiaro: tutti i conflitti sono assurdi; ma questo ha picchi di non senso e vertici di ipocrisia che non ricordo di aver mai letto.

Sette anni seduti a guardare la Siria trasformarsi in inferno e poi l’intuizione geniale di scatenare un’apocalisse: il mondo è governato da un’intellighenzia brillante.

Sono certo che adesso i civili siriani esulteranno sapendo che i boati che gli piombano addosso sono occidentali e non più solo governativi o sovietici. Quanta gioia deve esserci oggi tra calcinacci e cadaveri.