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Israele e il tiro al palestinese, se siamo leali dobbiamo dire che sta facendo un errore tragico

Soldati che puntano il fucile, prendono la mira e sparano sui dimostranti. Abbattendoli come birilli. Leggete il racconto delle manifestazioni a Gaza di Piotr Smolar su Le Monde. Lui c’era.
Decine di manifestanti uccisi sotto i suoi occhi. Se fosse successo in una qualsiasi parte del mondo, saremmo tutti insorti. E invece questo crimine scivola via perché l’ha compiuto Israele. Come è già successo in altri casi: quando le truppe israeliane assaltano le navi delle ong e uccidono.

Quando agenti segreti israeliani compiono raid punitivi in giro per il mondo. Israele alza muri, segrega milioni di persone nei territori occupati razionando acqua ed elettricità alla popolazione. A donne e bambini. E nessuno dice niente. Ma tacere è tradire Israele e l’amicizia che ci lega al suo popolo (non al suo governo che autorizza azioni tanto atroci).

Se siamo leali dobbiamo dire a Israele che sta facendo un errore tragico, che sta tradendo se stesso. Che attira su di sé un odio feroce ed espone tutti noi a una guerra senza fine. Le azioni criminali, come il tiro a segno sui palestinesi, restano tali anche se compiute da un amico.

E per favore non diamo dell’antisemita a chi critica Israele. Non cadiamo nel vecchio infame tranello. Criticare Israele si può, si deve talvolta. Amare il popolo ebraico per quanto ha dato al mondo e quanto il mondo gli ha tolto si deve sempre. Ma qui viene un dubbio: noi tacciamo sulle nefandezze compiute dall’esercito israeliano, sulle scelte dissennate del governo Netanyahu perché abbiamo la coscienza sporca. Perché ricordiamo giustamente l’olocausto, massimo crimine dell’umanità. Ma ecco il paradosso e l’ipocrisia: responsabili del genocidio siamo stati noi italiani e i tedeschi. È stata l’Europa. Non i palestinesi. Noi tacendo facciamo pagare ai palestinesi un orrore compiuto da noi. Ci laviamo le coscienze con il sangue altrui.