Numeri & News

Moda e fisco, “così il gruppo di Gucci si è risparmiato 2,5 miliardi di tasse in tutta Europa”

Per Parigi è tutto ok, ma l'inchiesta dell'Espresso rivela come i metodi già sotto indagine a Milano siano sfruttati anche per gli altri marchi della multinazionale francese della moda

Quasi 2,5 miliardi di euro. A tanto ammonterebbero, complessivamente, le tasse non pagate in 15 anni dalle griffe della multinazionale francese del lusso Kering, proprietaria di marchi come Bottega Veneta, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Stella McCartney. E, soprattutto, Gucci. A illuminare ancora una volta i coni d’ombra dei conti del gruppo del magnate transalpino Francois-Henri Pinault, già sotto indagine a Milano per evasione fiscale, è un’inchiesta dell’Espresso pubblicata sul sito internet del giornale.

Il settimanale cita dei documenti ottenuti dal sito d’informazioni transalpino Mediapart esaminati insieme agli altri partner del consorzio European Investigative Collaborations, che “rivelano che altre grandi griffe sotto l’ombrello della capogruppo Kering hanno beneficiato delle stesse manovre finanziarie finite sotto accusa in Italia nel caso di Gucci”.

Il perno della sospetta evasione, che si allarga così ad altri Paesi europei, sarebbe una società svizzera, la Luxury Goods International, che soltanto tra il 2009 e il 2016 ha scritto in bilancio utili per circa 7 miliardi di euro, cioè il 70% dei profitti  dell’intero gruppo, come sottolinea l’Espresso. “In altre parole Pinault, che è uno degli imprenditori più ricchi e potenti d’Europa, è riuscito a blindare in una cassaforte al riparo dalle tasse gran parte dei guadagni del suo impero della moda, il secondo nel mondo per giro d’affari – scrive ancora l’Espresso -. La Kering di Lussemburgo, azionista della elvetica LGI, è infatti a sua volta controllata da un’altra holding con sede in Olanda, altro Paese a fiscalità leggera”.

Per la multinazionale francese è tutto regolare, “LGI ha una propria effettiva attività economica” e quindi, secondo Parigi, paga le tasse dove deve farlo. Non la pensano così in procura a Milano, dove da mesi si indaga sul centro logistico ticinese di Gucci e sulle residenze fittizie in Svizzera dei manager della maison fiorentina. Mentre le nuove carte citate dall’Espresso rivelano come diversi alti dirigenti della griffe italiana siano stati assunti direttamente dalla società svizzera consentendo ulteriori e notevoli risparmi in termini di tasse e di oneri sociali nonostante lavorassero prevalentemente presso le divisioni italiane del gruppo.