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Sviluppo, Giovannini: “Italia migliora, ma resta in condizione di non sostenibilità economica, sociale e ambientale”

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) prende atto del fatto che, tra il 2010 e il 2016, il Paese ha fatto molti passi indietro in alcune aree chiave che includono il reddito pro capite su cui il Tesoro vede rosa. Al punto tale da rischiare di compromettere gli obiettivi presi in sede Onu con l’Agenda 2030

“L’Italia non è sostenibile”. Mentre il Tesoro vede rosa per il futuro delle famiglie della Penisola, prevedendo addirittura un incremento  “superiore ai 1000 euro” in tre anni del reddito disponibile aggiustato pro capite, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) prende atto del fatto che, tra il 2010 e il 2016, il Paese ha fatto molti passi indietro in alcune aree chiave che includono proprio il reddito. Al punto tale da rischiare di compromettere gli obiettivi Onu dell’Agenda 2030. “Malgrado i passi avanti compiuti in alcuni campi, l’Italia resta in una condizione di non sostenibilità economica, sociale e ambientale – ha commentato il portavoce dell’ASviS ed ex presidente dell’Istat, Enrico Giovannini – Se i partiti non metteranno lo sviluppo sostenibile al centro della legislatura, le condizioni dell’Italia saranno destinate a peggiorare anche in confronto ad altri Paesi”.

Sei, in particolare, le aree in cui l’Italia è sensibilmente peggiorata tra il 2010 e il 2016, in base ai nuovi indicatori compositi pubblicati mercoledì 21 febbraio e utilizzati per descrivere l’andamento del Paese rispetto ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e consentire, alla vigilia delle elezioni politiche, una valutazione del Paese rispetto agli impegni che ha assunto in sede Onu con la sottoscrizione appunto dell’Agenda 2030. Si tratta di povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, acqua e strutture igienico-sanitarie, condizioni delle città ed ecosistema terrestre.

A proposito in particolare della disuguaglianza, nell’analisi sull’andamento del Paese rispetto all’obiettivo numero 10 (Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni), nell’analisi si legge che “dal 2009 in poi l’indicatore relativo all’Italia segna un evidente peggioramento. Anche se dal 2014 aumenta il reddito disponibile, contestualmente cresce il rapporto tra il reddito dei più ricchi e quello dei più poveri e la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile inferiore al 60% del reddito mediano (peraltro, la tendenza all’aumento delle disuguaglianze si manifesta anche a livello territoriale in termini di dinamica del reddito disponibile)”.

Sette invece le aree di miglioramento secondo l’analisi contenuta nel database dell’ASviS che comprende gli indicatori compositi e oltre 170 indicatori elementari pubblicati dall’Istat nel dicembre 2017. E sono salute, educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico, cooperazione internazionale. Quattro, infine, i temi per i quali la condizione appare sostanzialmente invariata: alimentazione e agricoltura sostenibile, sistema energetico, condizione dei mari e qualità della governance.

 

Gli indicatori, spiega l’associazione, sono stati costruiti utilizzando la metodologia AMPI, adottata anche dall’Istat per costruire gli indicatori compositi del Benessere Equo e Sostenibile (BES). “Rispetto a quelli presentati nel Rapporto ASviS pubblicato nel settembre 2017, gli indicatori compositi qui illustrati sono basati su un insieme rivisto e ampliato di indicatori elementari. Di conseguenza, essi presentano revisioni, anche significative, che però non alterano le conclusioni contenute nel Rapporto”, conclude l’Asvis. Secondo la quale “se un indice composito presenta un miglioramento, ciò non significa necessariamente che l’Italia sia su un sentiero che le consentirà di centrare gli Obiettivi nel 2030, ma semplicemente che il Paese si sta muovendo nella direzione giusta “in media”, in quanto non si tiene conto della distribuzione (cioè sugli aspetti legati alle disuguaglianze) del fenomeno”.