Scuola

Scuola, l’orientamento è un flop: il 45% dei diciottenni insoddisfatto della scelta. Un anno dopo il 20% è disoccupato

Stando ai dati diffusi da AlmaDiploma il 25% cambierebbe sia scuola sia indirizzo, il 12% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola e l’8% sceglierebbe un diverso indirizzo pur restando nello stesso istituto. Il 67% si iscrive a un corso di laurea mentre il restante 19% inizia a lavorare. Ma uno su cinque non trova un posto

L’orientamento scolastico in Italia è un fallimento. Il 45% dei ragazzi alla vigilia della maturità dichiara di aver sbagliato scuola e tre anni dopo il diploma solo il 46% ha trovato un’occupazione. A dare il quadro della situazione sono i dati diffusi da AlmaDiploma e dal consorzio universitario AlmaLaurea che ogni anno fotografano le scelte compiute dai diplomati alla conclusione delle superiori. L’indagine è stata fatta su 80mila diplomati del 2016 e del 2014 intervistati rispettivamente ad uno e a tre anni dall’esame di Stato.

Tra coloro che si battono la mano sul petto prima di arrivare al traguardo il 25% cambierebbe sia scuola sia indirizzo, il 12% ripeterebbe il corso ma in un’altra scuola e l’8% sceglierebbe un diverso indirizzo pur restando nello stesso istituto. I diplomati meno convinti della scelta compiuta a 14 anni risultano quelli che si sono iscritti ai professionali. I liceali e i tecnici, al contrario, sono tendenzialmente più appagati della loro carriera studentesca. Fatta la maturità, dopo un anno il 67% si iscrive a un corso di laurea mentre il restante 19% inizia a lavorare. I restanti si dividono tra coloro (10%) che cercano un posto e un preoccupante 5% che non fa nulla per trovarsi un impiego.

Da notare che raffrontando il dato del 2014 e del 2016, a un anno dal diploma, sono aumentati coloro che sono costretti a lavorare e studiare: tre anni fa erano il 13,2%, nel 2016 il 15,5%. Vanno meglio le cose all’università visto che i “pentiti” sono solo il 12%. “E’ un dato costante – spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione “Giovanni Agnelli” – quello dei pentimenti sulla scuola superiore: è preoccupante. Non abbiamo un sistema di orientamento alle medie che funziona. Scelgono in maniera non informata. Gli studenti torinesi, ad esempio, fanno dei test attitudinali che li aiutano a determinare la scuola futura. Abbiamo seguito questi studenti e abbiamo visto che hanno successo alle superiori. Le medie devono capire le attitudini dei ragazzi dedicando almeno due anni a questa attività. Chi sceglie ragioneria cosa ha capito alla secondaria di primo grado di questa materia?”.

La disoccupazione coinvolge venti diplomati su cento ad un anno dal diploma. Nemmeno chi ha fatto un professionale o un tecnico può star sereno visto che il 23% dei primi resta senza uno stipendio (cala al 12,5% dopo tre anni) e il 20% dei secondi non trova un’azienda pronta ad accoglierli. Un dato che cala al 18,1% per i liceali. E chi riesce ad avere il tanto agognato contratto rischia di non averlo regolare (14%). Tra i diplomati del 2016 che lavorano, la tipologia di attività più diffusa risulta essere il lavoro non standard che coinvolge il 41% dei ragazzi mentre il 25% si ritrova “in formazione”. I fortunati che firmano un tempo indeterminato si limitano all’11%. Una situazione che non cambia molto nemmeno a distanza di tre anni dalla maturità: i contratti non standard restano i più diffusi (32%); il 22% ha un contratto formativo. Aumentano quelli a tempo indeterminato arrivando al 28%.

“Sono dati – continua Gavosto – da prendere con le pinze, non sono un campione rappresentativo della popolazione dei diplomati perché coprono alcune aree ma lasciano scoperte alcune regioni. Secondo i nostri numeri su tutta la popolazione dei tecnici e professionali (550.000 diplomati) a due anni dalla maturità, il 27,9% ha avuto un’occupazione stabile mentre il 14,7% ha avuto un impiego saltuario. Il 21,5% si è iscritto all’università, l’8,6% studia e lavora”.

Ma che fanno questi giovani lavoratori? Il sogno del pubblico è svanito visto che è il settore dove vi lavorano meno del 10% dei diplomati sia ad uno che a tre anni. La maggior parte finisce nel settore dei servizi (il 32% nel commercio) e 17 su cento trovano un posto nell’industria. Ormai ridotta al lumicino l’agricoltura che offre lavoro solo al 2% dei ragazzi. Sono finiti i tempi delle vacche grasse anche per quanto riguarda gli stipendi: chi lavora a tempo pieno guadagna in media ad un anno dalla maturità 1.043 euro mensili netti e a tre anni arriva a 1.169.