Diritti

Ricordare i morti della Shoah non basterà a cancellare l’odio di chi oggi difende la ‘razza’

Il 29 Maggio 1945, nella clinica di Kaufbeuren-Irsee in Baviera veniva “eutanasizzato” Richard Jenne, un bambino di quattro anni. La Germania aveva già capitolato, la guerra era finita da tre settimane ma in quella clinica si continuava a praticare il programma Aktion T4 che prevedeva l’eliminazione dei bambini e degli adulti con svantaggi psichici o fisici.

Chi ha letto il libro di Robert Domes Nebbia in Agosto, o visto il film omonimo di Kai Wessel, o assistito qualche anno fa allo spettacolo di Marco Paolini Ausmerzen, conosce la storia di Ernst Lossa, il ragazzo di 15 anni, il cui limite non era una debolezza fisica o psichica che lo rendeva “unlebenswert” (una vita senza valore) ma il fatto di appartenere alla comunità degli jenisch, assimilati dai nazisti al gruppo degli “zingari” e degli asociali e che in quella clinica ha trovato la morte.

Mi piace pensare che il piccolo “zingaro” jenisch, rinchiuso e ucciso in una clinica psichiatrica con gli infelici bambini tedeschi, unisca il nostro destino non solo a quello degli ebrei, con i quali condividiamo di essere, come dice la circolare di applicazione delle leggi di Norimberga sulla tutela della razza del Gennaio del 1936 del ministro dell’interno nazista: “in Europa di sangue estraneo alla razza oltre agli ebrei solo gli zingari”, ma ai tanti figli del popolo tedesco, vittime anche loro innocenti dell’idea della purificazione razziale.

Ma quest’idea della purezza della razza non era un caso isolato, un patrimonio della sola Germania nazista e dell’Italia fascista, un incidente nella storia dell’Europa civile. Si basa su una “scienza che si prefigge di migliorare la qualità genetica di un certo gruppo d’individui”. Non so quali siano le pratiche miranti a migliorare la razza, conosco bene quelle miranti a eliminare i fattori negativi. Quella teoria venne condivisa e applicata, certo con minor zelo e precisione del nazifascismo, in quasi tutto l’Occidente. Nata in Inghilterra alla fine dell’800 trovò consenso nel mondo scientifico occidentale e applicazioni negli Stati del mondo civile con le relative leggi per sopprimere gli elementi negativi della razza.

Come? Prima di tutto impedendo il propagarsi dell’infezioneLa prima legge per la sterilizzazione forzata delle persone inutili e dannose è stata approvata nel 1907 negli Stati Uniti, quando Adolf Hitler, diciottenne, era a Vienna a tentare inutilmente di farsi ammettere all’Accademia di belle arti. E prima che la Germania nazista approvasse leggi analoghe nel 1934, lo fecero il Canada nel 1929, la Svizzera, che le applicò proprio agli jenisch nel 1928, seguiti da Svezia, Danimarca, Norvegia.

Ma oggi mi impressiona sapere che queste leggi non furono abrogate dopo la “scoperta” dei campi di sterminio, ma in tutti questi Stati civili solo alla fine degli anni 70, dopo Norimberga, dopo i Beatles, dopo il 68.

A questo ho pensato due giorni durante il viaggio ad Auschwitz organizzato dal ministero dell’Istruzione insieme All’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) insieme agli ragazzi delle scuole superiori di tutta Italia. Quest’anno però, grazie all’impegno dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), sono stati invitati anche 39 rappresentanti delle comunità rom e sinti che fanno parte del Forum rom sinti e caminanti.

Ho vissuto momenti di dolore visitando Auschwitz e di emozione commemorando insieme, noi rom e sinti con Miur, Ucei e ragazzi delle scuole italiane, i morti di due popoli colpevoli solo di essere nati. Ci ha accompagnato anche un sentimento di paura per il futuro perché lì, camminando sulle ceneri dei nostri antenati il quadro è più nitido, ci si rende conto che quello non era un momento buio di follia della storia dell’umanità, che le persone che hanno messo a morte più di un milione di persone in quel campo e le persone che nell’indifferenza hanno osservato questo genocidio non erano mostri, erano normali padri e madri di famiglie che tornando a casa dopo il “lavoro” addormentavano i loro bambini ariani, adoravano animali e si sentivano utili alla società.

Erano bravi cittadini che rispettavano la legge e liberavano la patria da parassiti dannosi e costosi per lo Stato, e difendevano la loro “razza bianca” da chi metteva in pericolo il loro modo di essere. Quante volte ho pensato alle campagne di odio dei nostri politici, ai troppi messaggi che mi arrivano sui social da chi mi posta Hitler e Mussolini, che mi dice che dovrei bruciare nei forni, che invocano per noi “zingari” le camere a gas. Quanti sono ora in Italia? Non lo so, a me sembrano troppi. Sono solo vigliacchi che sfogano la loro frustrazione per una vita infelice sulla tastiera o lo farebbero veramente se diventassero la maggioranza?