Scienza

Clonazione: un altro passo, ma in quale direzione?

E’ apparso sulla prestigiosa rivista Cell un articolo di Zhen Liu e collaboratori che descrive la clonazione di due macachi. Poiché fino ad oggi sono stati clonati individui appartenenti a oltre venti specie di mammiferi, è importante chiedersi quale obiettivo conoscitivo o applicativo ci si propone con la prima clonazione di una scimmia.

La clonazione è la tecnica che permette di ottenere un individuo neonato mediante il trasferimento del nucleo di una cellula somatica (ad esempio dell’intestino) in una cellula uovo il cui nucleo sia stato rimosso o distrutto. Questa definizione esclude i processi di clonazione mediante divisione artificiale dell’embrione ottenuto mediante fecondazione. Il primo esperimento di clonazione animale fu realizzato da John B. Gurdon nel 1958, utilizzando ovociti (e nuclei cellulari) di rana; per questo esperimento Gurdon ottenne il premio Nobel per la Medicina nel 2012. Il testo della conferenza di Gurdon a Stoccolma è un capolavoro di divulgazione scientifica e può essere letto sul sito del premio Nobel.

L’esperimento di Gurdon è una pietra miliare della biologia perché risponde ad una domanda cruciale sul differenziamento cellulare: dimostra infatti che il nucleo di una cellula differenziata, ad esempio una cellula intestinale, contiene l’intera informazione genetica necessaria alla costruzione di tutto l’organismo. Ovvero, una cellula intestinale non è tale perché contiene soltanto una parte del patrimonio genetico, ma perché ne esprime selettivamente una parte, pur contenendolo tutto. L’esperimento dimostra inoltre che il citoplasma della cellula uovo è in grado di “riprogrammare” l’espressione genetica del nucleo. L’esperimento di Gurdon aveva un puro interesse cognitivo e non precise finalità applicative, se non nel senso che solo la conoscenza è applicabile, mentre l’ignoranza è inutile.

Nel 1996 Kampbell e Wilmut riuscirono a clonare il primo mammifero, la pecora Dolly. La clonazione dei mammiferi richiede la tecnologia messa a punto per la fecondazione extracorporea e il reimpianto (un problema che non complicava l’esperimento di Gurdon perché la rana emette le uova non fecondate all’esterno); inoltre la riprogrammazione del genoma delle cellule differenziate nel mammifero è più complessa ed incerta di quella dell’anfibio, e Dolly fu l’unico animale ottenuto in un esperimento in cui furono impiantati oltre 250 cloni. Dolly visse soltanto sei anni, la metà della vita attesa per una pecora della sua specie, e sviluppò precocemente varie malattie. Dopo Dolly sono stati clonati molti mammiferi, ed è stato spesso osservato che il clone ha una ridotta aspettativa di vita. È incerto quanto questo problema sia grave: uno studio recente sembra dimostrare che pecore clonate possono raggiungere età relativamente avanzate. Dolly ci ha permesso di apprendere molte cose sulla clonazione e sulla regolazione dell’espressione genica e del differenziamento cellulare, ma anche in questo caso le ricadute applicative immediate sono state modeste.

Oggi siamo arrivati alla clonazione del macaco: un risultato spettacolare per le difficoltà specifiche dell’esperimento, essenzialmente legate ai trattamenti accessori richiesti per la riprogrammazione del genoma. Probabilmente l’importanza ultima dell’esperimento di Liu risiede in questi ultimi, ed ha anche potenziali ricadute applicative perché riprogrammare il genoma implica la possibilità di produrre cellule staminali e forse persino abbozzi di organi semplici. Infatti il problema conoscitivo, dall’epoca dei primi esperimenti di Gurdon ad oggi è cambiato: ormai sappiamo che il nucleo della cellula differenziata è totipotente, e ci chiediamo se e come sia possibile manipolarne la programmazione.

Sebbene tutti gli scienziati promettano immediata applicabilità pratica delle loro scoperte, per soddisfare le ingenue aspettative di una società ignorante che invece di ammirare meraviglia dell’universo si chiede a cosa serva, è molto improbabile che le tecnologie della clonazione trovino diretta applicazione perché il processo è complesso e costoso, e produce individui la cui aspettativa di vita potrebbe essere ridotta. Animali geneticamente identici ottenuti per clonazione possono essere molto utili per specifiche ricerche scientifiche, ma è difficile immaginarne altre applicazioni. È inoltre ovvio che l’applicazione all’uomo è preclusa da ragioni etiche perché non è ammissibile creare intenzionalmente un individuo con potenziali alterazioni genomiche per compiacerne un altro.