Capitoli

  1. Berlusconi, dalle “due sole aliquote Irpef” all’abolizione di Irap e bollo auto: 24 anni di promesse tradite sul fisco
  2. 1994: "Flat tax al 30% e solo 10 tasse"
  3. La traversata nel deserto: "Due aliquote Irpef e detassiamo gli utili reinvestiti"
  4. 2002: c'è il ddl sul taglio dell'Irpef. Poi lo stop. E si alza l'età pensionabile
  5. 2004: "Moralmente autorizzati a evadere. Irpef? Sono rimasto solo". Addio taglio Irap
  6. 2008: "Aboliamo Ici prime case, Irap, bollo auto e moto" 
  7. Dopo le elezioni: "Pressione fiscale al 40%? Entro il 2013. Ora misure impopolari"
  8. 2011, lo showdown: contributo di solidarietà e su le accise. "Il cuore gronda sangue"
Elezioni Politiche 2018

Berlusconi, dalle “due sole aliquote Irpef” all’abolizione di Irap e bollo auto: 24 anni di promesse tradite sul fisco

Nel 1994 voleva una flat tax al 30% e "solo 10 tasse". Nel 1999 ha ripiegato su "due aliquote Irpef", impegno ribadito nel Contratto con gli italiani. Vinte le elezioni ha rinviato tutto: "Non ho la bacchetta magica". Poi il ddl sull'Irpef è stato varato, ma i decreti attuativi non sono mai arrivati. Nel 2004 ha dato la colpa agli alleati. Nel 2008 ha puntato su abolizione di Ici e bolli, introduzione del quoziente familiare, azzeramento dell'imposta sulle attività produttive. Nel 2011 lo showdown: "Messe le mani nelle tasche degli italiani, il cuore gronda sangue"

Gli alleati che lo “lasciano solo“. I bastoni tra le ruote delle “opposizioni“. Le “gestioni avventuristiche del passato” che hanno fatto aumentare il debito pubblico. E ovviamente i paletti europei, l'”ottusità” dei parametri di Maastricht. Insomma, una congiura. Che ha impedito a Silvio Berlusconi, puntualmente, di rispettare la principale promessa fatta agli italiani a partire dal 1994: “Meno tasse“. In vista del 4 marzo il leader di Forza Italia ha rispolverato la flat tax, prospettata per la prima volta 24 anni fa e mai realizzata. Ma la lista degli annunci rimasti lettera morta è lunghissima. Come le giustificazioni ex post: “Non dipende da noi”, “le cifre non consentono di fare ciò che vorremmo fare”, “sono rimasto solo”. Risultato: gli elettori devono puntualmente accontentarsi di manovre “senza nuove tasse”. Mentre l’impegno a ridurle viene di volta in volta rinviato. Parlano i numeri: dalla sua discesa in campo l’ex Cavaliere ha governato per oltre 9 anni e la pressione fiscale complessiva, dopo aver toccato un minimo del 39,1% nel 2005 (dati Ocse), ha ricominciato a salire fino a superare il 43% nel 2012. Oggi è al 40,3 per cento, contro il 38,7% del 1994. In mezzo c’è stata, en passant, la condanna definitiva per frode fiscale dell’uomo che oggi sostiene di voler mandare “in galera gli evasori”. E aggiunge: “La prima moralità della politica per noi è quella di mantenere gli impegni presi con gli elettori durante la campagna elettorale”.