Cronaca

Pedofilia, il caso del vescovo Barros divide il Papa e il cardinale O’Malley: “Dichiarazioni di Francesco dolorose”

Non usa mezze misure il cardinale di Boston per attaccare Bergoglio in merito alle dichiarazioni rilasciate durante il viaggio in Cile sul vescovo di Osorno

“È comprensibile che le dichiarazioni di Papa Francesco siano state fonte di grande dolore per i sopravvissuti agli abusi sessuali da parte del clero”. Non usa mezze misure il cardinale di Boston, Sean Patrick O’Malley, per attaccare Bergoglio in merito alle dichiarazioni rilasciate durante il viaggio in Cile sul vescovo di Osorno, Juan Barros. Dal 2015, ovvero da quando il Papa lo ha nominato alla guida della diocesi cilena, sacerdoti e fedeli chiedono la rimozione immediata del presule accusato di aver coperto il prete pedofilo Fernando Karadima. “Il giorno che avremo una prova contro il vescovo Barros parlerò. Non c’è una sola prova d’accusa. Le altre sono tutte calunnie, chiaro?”, ha ribattuto Bergoglio ai giornalisti cileni.

Parole che hanno suscitato la dura presa di posizione di O’Malley, scelto da Francesco per guidare la Pontificia Commissione per la tutela dei minori e uno dei cardinali membri del cosiddetto “C9”, il consiglio di porporati che aiuta il Papa nella riforma della Chiesa. In una nota pubblicata sul sito dell’arcidiocesi di Boston, dove nel 2002 scoppiò l’enorme scandalo degli abusi sessuali sui minori, O’Malley spiega che le frasi di Francesco “trasmettono il messaggio che se non puoi provare le tue affermazioni, allora non sarai creduto e che suonano come un abbandono di coloro che hanno subito violazioni riprovevoli della loro dignità umana, relegando i sopravvissuti a un esilio screditato”.

Il porporato, prendendo nettamente le distanze dalla posizione di Bergoglio, precisa, inoltre, che “non essendo stato coinvolto personalmente nei casi oggetto dell’intervista, non posso sapere perché il Santo Padre ha scelto le parole particolari che ha usato in quel momento. Quello che so, comunque, è che Papa Francesco riconosce pienamente gli eclatanti fallimenti della Chiesa e del clero che ha abusato dei bambini e l’impatto devastante che questi crimini hanno avuto sui sopravvissuti e sui loro cari. Accompagnando il Papa in numerosi incontri con i sopravvissuti come presidente dell’organismo per la tutela dei minori ho assistito alla sua pena nel conoscere la profondità e l’ampiezza delle ferite inflitte a coloro che sono stati abusati e che il processo di recupero può richiedere una vita intera. Le affermazioni del Papa sul fatto che non c’è posto nella vita della Chiesa per coloro che abusano dei bambini e che dobbiamo seguire una tolleranza zero per questi crimini sono autentiche e sono il suo impegno”.

Il cardinale ci tiene a sottolineare che la preoccupazione principale, però, è sempre rivolta alle vittime e ai loro familiari. “Non possiamo mai annullare la sofferenza che hanno vissuto o ritenere che il loro dolore sia completamente guarito. In alcuni casi dobbiamo accettare che anche i nostri sforzi per offrire assistenza possono essere una fonte di disagio per i sopravvissuti e che dobbiamo pregare quietamente per loro mentre provvediamo a fornire un supporto nell’adempimento dei nostri obblighi morali”. Il porporato, inoltre, ribadisce il suo impegno costante per la guarigione di tutti coloro che sono stati così danneggiati e per fare tutto ciò che è possibile per garantire la sicurezza dei bambini nella Chiesa in modo che questi crimini non accadano mai più”.

Fin dal suo arrivo in Cile il Papa ha chiesto perdono per gli abusi sessuali sui minori commessi da alcuni sacerdoti. “Non posso fare a meno – ha detto Francesco nel suo primo discorso nel Paese davanti alle massime autorità politiche – di esprimere il dolore e la vergogna, vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa. Desidero unirmi ai miei fratelli nell’episcopato, perché è giusto chiedere perdono e appoggiare con tutte le forze le vittime, mentre dobbiamo impegnarci perché ciò non si ripeta”. Parole accompagnate dal gesto, compiuto da Francesco, di incontrare nella Nunziatura Apostolica di Santiago del Cile un piccolo gruppo di vittime di abusi sessuali da parte di preti. Ma anche qui le polemiche non sono mancante perché, tra i presenti, non c’era nessuna vittima di padre Karadima.

Del resto sia prima, che durante, che subito dopo la visita del Papa in Cile, una numerosa delegazione di Osorno ha sfilato per le strade della capitale con cartelloni e striscioni che mostravano immagini di Karadima, oggi 87enne e ricoverato in ospedale, con le scritte: “Osorno soffre. Il vescovo Barros insabbiatore” oppure “Vescovo insabbiatore, non può essere pastore”. Nella vicenda è intervenuto anche il presidente della Camera dei Deputati cilena, Fidel Espinoza, che ha consegnato al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, una lettera per il Papa scritta dalla comunità cattolica di Osorno nella quale viene chiesta nuovamente la rimozione del vescovo.

Ad alimentare ulteriormente la rabbia dei manifestanti, guidati da tre vittime di Karadima, Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andre’s Murillo, è stata la presenza di Barros a tutte le messe papali in Cile dove ha sempre concelebrato. Una vera e propria “provocazione”, secondo i suoi accusatori, come le dichiarazioni che ha fatto alla stampa affermando che il Papa era stato “molto affettuoso” nei suoi confronti e che gli aveva sempre detto “parole di sostegno”. Le stesse che Francesco ha poi pronunciato direttamente ai giornalisti cileni. Secondo le vittime degli abusi, senza la rimozione del vescovo di Osorno il mea culpa del Papa pronunciato davanti alle massime autorità politiche cilene resta solo “un gesto vuoto”. Evidentemente anche O’Malley la pensa come loro.

@FrancescoGrana