Politica

Elezioni 2018, il voto degli italiani all’estero? Ancora a rischio brogli

Ed eccoci alla fine di un’altra legislatura, con le prossime elezioni politiche annunciate per il 4 marzo 2018, una nuova (?) legge elettorale che cambia tutto per non cambiare nulla, ma soprattutto il voto degli italiani all’estero che, nonostante proclami e promesse, rimane con le stesse identiche procedure delle elezioni passate.

Il voto degli italiani all’estero nelle ultime tornate elettorali è quasi sempre stato decisivo per la proclamazione del vincitore e l’assegnazione del premio di maggioranza, e forse anche per questo nessuno ha mai osato riformarne l’organizzazione. Per riassumere: plichi inviati a casa degli iscritti all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire) con posta ordinaria, senza nessun timbro sulla scheda (pratica che in altri paesi l’Osce ha reputato contestabile), da rispedire al consolato sempre con posta ordinaria.

A ogni appuntamento elettorale sono innumerevoli le denunce che arrivano dagli italiani all’estero che o non hanno ricevuto il loro plico, o ne ricevono più di uno, o non risultano iscritti all’Aire nonostante abbiano espletato le pratiche per spostare all’estero la propria residenza o ancora lamentano il non prelievo delle schede votate abbandonate davanti alla sedi dei consolati per giorni. Poi vengono quelle più gravi, con tanto di video amatoriali diffusi su Youtube, che mostrano patronati intenti a dare indicazioni di voto per candidati amici, veri e propri mucchi di schede elettorali raccolte in un unico luogo e compilate tutti insieme (il video è di un utente, ma la stessa denuncia fu poi riportata da Repubblica) a favore di uno o più candidati (per il voto degli italiani all’estero le preferenze non sono mai state abolite).

E’ così che qualche mese fa è venuto alla luce l’ennesimo scandalo, denunciato dal Le Iene e riguardante il deputato Mario Caruso (con Monti per l’Italia) eletto nella circoscrizione Europa nelle liste di Scelta Civica. Secondo le accuse avrebbe acquistato i plichi elettorali da residenti all’estero, per il tramite di un collaboratore “cacciatore di voti”. Si parla anche del coinvolgimento dei postini, incaricati di distribuire questi plichi che invece venivano dirottati in altre mani.

Ma non finisce qui e non c’è bisogno di arrivare all’acquisto di plichi per assicurarsi un posto in Parlamento in una circoscrizione all’estero. C’è anche il “metodo Tacconi” dal nome dell’inventore, deputato eletto nella circoscrizione Europa.

Come fare? Un gioco da ragazzi, persino il M5S lo segnala! Basta entrare nella lista dei candidati alla Camera, ad esempio in Europa, dopodiché recuperare la lista degli iscritti Aire nella propria circoscrizione e inviare a tutti loro una bella lettera, con tanto di busta col faccione di Beppe Grillo e il logo del M5S invitando a votare per sé e un altro candidato sodale, portando l’ignaro elettore a credere di essere gli unici candidati del M5S in quella circoscrizione (Europa – America meridionale – America settentrionale e centrale – Africa, Asia, Oceania e Antartide). Il “piccolo” investimento in francobolli (tra l’altro soggetto a sconto per invii elettorali) verrà ripagato dall’elezione praticamente matematica e da un lauto stipendio da migliaia di euro al mese di cui la metà esentasse.

Come si può ritenere pulito e a prova di brogli un voto così facilmente esposto a pratiche del genere, che va a decidere le sorti della maggioranza parlamentare di un intero paese per l’intera durata della legislatura?

Come è possibile che la Procura di Roma (competente per quanto accade all’estero) non vada oltre timidi annunci di indagini (e solo nei casi più eclatanti) per poi far finire tutto in un nulla di fatto, senza che nessun responsabile venga mai tradotto davanti alla giustizia?