Scienza

Fake news e pseudocure, giusto condannarle. Ma non per interesse politico

Uno dei temi “caldi” di questi giorni è quello delle “fake news”, termine con il quale si indicano un po’ tutte le notizie false o inventate, quelle che in italiano si definiscono in modo generico “bufale”. Contrastare le fandonie non è solo un’opera meritoria, ma un dovere civico, soprattutto per chi ha un ruolo pubblico. Sapere che Matteo Renzi, in qualità di segretario di dell’ex maggiore partito politico italiano, abbia deciso di unirsi alla lotta contro le bufale, non può che rendere felici chi combatte queste battaglie ogni giorno. Chi spaccia falsità per un pugno di click, può causare danni seri alle persone.

Un esempio significativo di bufala pericolosa è l’ultima bravata degli antivax nostrani, finita persino su Le Monde: la foto strappalacrime di un neonato con la didascalia “io sono uno dei bimbi morti per Sids (morte in culla) post vaccino esavalente OCCULTATI dai rapporti ufficiali”. Ovviamente, non c’è alcuna correlazione provata tra la sindrome da morte in culla e la vaccinazione, se non un nesso temporale: essendo le vaccinazioni molto diffuse, i bambini che purtroppo muoiono a causa di questa condizione sono anche vaccinati. Con lo stesso fallace “ragionamento” si potrebbe persino dimostrare un inesistente nesso tra una qualsiasi condizione medica e il battesimo in chiesa concludendo che quest’ultimo sia la causa di chissà cosa. I nostri debunker hanno scoperto è che in realtà la foto è stata comprata su un sito di immagini, Shutterstock. Il bimbo ritratto è vivo e vegeto, adesso ha cinque anni e soprattutto è stato vaccinato.

Benvenuto sia un cambio di rotta, ma bisogna ricordare che la politica è stata restia a impegnarsi in battaglie impopolari come quelle contro le bufale. È appena il caso di ricordare il supporto dato al cosiddetto “Metodo di Bella”: una dannosa forma di chemioterapia nella quale lo Stato ha investito una quarantina di miliardi di lire dell’epoca in una “sperimentazione” che, come dalle attese degli scienziati, non ne ha dimostrato alcuna utilità clinica di rilievo. Questa pseudocura ha guadagnato popolarità alla fine degli anni 90 grazie a una comunicazione sensazionalistica e scorretta da parte dei media. Il compianto Prof. Luigi Di Bella fu persino invitato e osannato a un’audizione in Parlamento. Periodicamente, esponenti politici di vari schieramenti tirano fuori questa vicenda in modo dubitativo. È anche superfluo ricordare come l’attuale Parlamento abbia votato praticamente all’unanimità la realizzazione di un’analoga sperimentazione, impossibile da realizzare e soprattutto pericolosa per i pazienti coinvolti, come quella del cosiddetto “caso Stamina”.

Che oggi si riconosca il contrasto alle bufale come un’attività meritevole e non solo un passatempo da nerd, è un segnale molto positivo. Anche perché non ci sono bufale “buone” e bufale “cattive”. L’educazione alla visione critica dei fatti è fondamentale. Ingannare la gente con presunti miracoli e notizie inventate è diviso da una sottile linea di confine dal propagandare procedure mediche inutili e insicure. In entrambi i casi si fa leva sulle emozioni piuttosto che sul pensiero razionale, correndo il rischio concreto di causare problemi molto più gravi del semplice danno economico. La lotta alle bufale deve essere quindi a 360 gradi.

La libertà di pensiero e parola è sacra e inviolabile. Ciascuno può ideare il “convegno scientifico” con i temi che desidera, ufologia, antivaccinismo, omeopatia, eccetera ma che lo organizzi però fuori dalle istituzioni pubbliche. Cosa pensare del fatto che a pochi chilometri dalla Leopolda, dove si dichiarava guerra alla fake news, il consiglio regionale della Toscana possa dare credito alle “cure bionaturali”, e utilizzi nel suo sito istituzionale termini come “funzionalità bio-elettromagnetiche dell’organismo”, “leggi dell’omeostasi bioenergetica”, “interazione di campo tra esseri umani”  “apposizione delle mani”, “riequilibrio bioenergetico” (grazie alla bravissima Sylvie Coyaud, una giornalista sempre in prima linea nel contrasto alle bufale, per la segnalazione)?

Quali provvedimenti intraprendere verso tutti gli ordini dei medici che supportano attivamente convegni sull’omeopatia, non pochi secondo una ricerca dei partecipanti al gruppo “farmacie senza omeopatia”? E infine, come commentare il patrocinio della Presidenza del Consiglio concesso a un convegno tenutosi a Padova nel 2015 sulla cosiddetta “Fusione Fredda”?

L’idea di contrastare le bufale mediante un provvedimento legislativo è puramente propagandistica (come e soprattutto chi potrebbe stabilire cos’è bufala e cosa no?) e soprattutto di complessa applicazione. Per difendersi dalle fandonie la ricetta è invece di supportare la cultura e la capacità di analisi critica insegnate nelle università, le quali sono sempre di più messe in ginocchio da tagli e soluzioni stregonesche che nulla hanno da invidiare al pensiero degli antivax.

La meritoria lotta alle bufale non può solamente essere usata come una clava per colpire gli avversari: ottimo se è abbracciata per il bene comune, malissimo se fosse sfruttata esclusivamente ai fini di propaganda politica.