Scuola

La giornata dei diritti dell’infanzia nel Paese che li calpesta

Oggi è la giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ma c’è poco da festeggiare. Anzi oggi dovremmo mettere tutti una fascetta nera al braccio in segno di lutto perché diciamolo chiaramente: i diritti dei bambini in questo Paese sono calpestati. Stamattina qualche politico si riempirà la bocca di “belle parole” come le chiamava il maestro Alberto Manzi commentando la Convenzione Onu sui diritti approvata il 20 novembre 1989 ma guardiamo in faccia i dati, andiamo nelle periferie del nostro Paese, entriamo in un’aula, giriamo le nostre città.

Vogliamo parlare di numeri? L’Autorità Garante per l’infanzia a dicembre 2015 ha pubblicato “Disordiniamo!”, la prima analisi approfondita sulle risorse nazionali (solo a livello centrale non locale) destinate ai minori di 18 anni frutto di un monitoraggio su tutte le voci di spesa. Dallo studio, sviluppato sulle annualità 2012-15 emerge una forte frammentazione e complessità delle risorse e delle misure destinate all’infanzia. La stima finale della spesa al netto dei costi del personale (che nel caso della scuola ammonta a 40.000.000.000 di euro) è di 4.000.000.000 nel 2014 e 4.200.000.000 nel 2015, pari allo 0,2% del Pil, una quota esigua, pari a meno di 400 euro a minorenne. In Italia un bambino su dieci è in uno stato di povertà assoluta.
Nel 2014 circa il 3% dei bambini non disponeva di due paia di scarpe (di cui almeno uno utilizzabile in ogni stagione), il 6% non mangiava carne almeno una volta al giorno e non possedeva giochi a casa o da usare all’aria aperta, il 7% doveva rinunciare a festeggiare il compleanno, quasi il 10% non poteva indossare abiti nuovi o partecipare a gite scolastiche, il 30% non sapeva che cos’è una settimana di vacanza lontano da casa.

Vogliamo parlare di storie? A Monreale, dove per ora vivo la maggior parte del mio tempo facendo il maestro di strada, Stefania (nome di fantasia) da giorni mi tempesta di messaggi perché ha bisogno di venti euro per comprare una bombola di gas per cucinare un piatto di pasta per i figli. I bambini che incontro ogni giorno spesso non hanno nemmeno i libri di scuola. Le case di queste persone spesso sono monolocali umidi e minuscoli dove vivono in quattro/cinque. Sono bambini che pur essendo a due passi dal mare non sono mai andati in spiaggia, mai in vacanza.

Vogliamo parlare anche di chi non è in condizione di assoluta povertà. Sì, facciamolo. Di che diritti vogliamo parlare se un giorno sì e l’altro sì crolla qualche soffitto a scuola? Ma c’è di più. Nella nostra società sembra che i nostri bambini solo per il fatto che possono andare a scuola, che possono studiare hanno acquisito tutti i diritti. Non è così.

La nostra è una scuola degli adulti (non dei grandi… chi è davvero grande?), dove presidi e insegnanti decidono tutto per i bambini. Il diritto di giocare, non esiste. Pensate alla ricreazione: i bambini nemmeno hanno diritto di potersi fermare quando sono stanchi ma sono gli altri a decidere che l’intervallo dev’essere fatto a metà mattinata e dev’essere di dieci minuti. Ancora oggi i bambini subiscono umiliazioni con note e castighi come se fossimo ancora nei primi anni del Novecento. Una scuola che ancora oggi alla primaria boccia: più di 11mila bambini ogni anno. Una scuola dove valgono solo i voti.

L’altro giorno un mio ex alunno oggi alle medie mi ha scritto: “Maestro prima di incontrare te facevo schifo”. Cosa ho fatto di tanto straordinario? Anziché dargli un voto gli ho dato fiducia riuscendo ad appassionarlo allo studio. Riuscendo in questo modo a conquistare insieme a lui il diritto all’istruzione che non è semplicemente mettere il piede a scuola.