Cultura

Quattro mezze cartelle / 15: La versione del Guiscardo

Proposta editoriale numero quindici. Le modalità per proporre inediti sono in questo post. Buona lettura e buone cose (r.b.)

La versione del Guiscardo

di Francesco Grasso

Incipit

Cefalonia, 1085 A.D.

– Vuoi la mia ultima verità? Ho sempre creduto nella menzogna.
Il vecchio ripeté la frase. Poi tossì convulsamente. Le mani, dalla pelle giallastra, artigliarono la sponda del capezzale. La barba, lunga e ispida, si macchiò di cremisi.
– Cercate di riposare, padre – azzardò il giovane, a disagio.
L’altro non diede segno d’avere inteso. Seguitò con gli occhi spiritati, cerchiati di nero, fissi nel vuoto.
– La menzogna è l’arma più affilata, figlio. Perché la spada può uccidere il nemico, ma l’inganno può indurlo ad agire secondo i tuoi obiettivi. Sì, io ho sempre creduto nella menzogna, nel suo potere di piegare la realtà e soggiogare le menti.
– Voi vaneggiate, padre – sussurrò a denti stretti il giovane. Il bacile di rame specchiò la sua immagine. Era alto, vigoroso, indossava una veste di stoffa ruvida e cuoio con lo stemma ducale, due leoni in campo rosso, ricamato sul petto ampio.
L’Adriatico, inquieto, si frangeva contro gli scafi della flotta ancorata in rada. Il giovane poteva sentirne gli spruzzi salmastri. In cielo, la distesa stellata gli parve un’armata schierata sul campo di battaglia.

Estratto

Una pattuglia catturò papa Leone grazie alle indicazioni d’un contadino, che aveva notato il pontefice guadare il Fortore e fuggire verso nord con solo due armigeri a proteggerlo. Mi precipitai a prendere in consegna il prigioniero nonostante il parere contrario del medico, che voleva steccarmi il braccio e spedirmi a Melfi.
Leone mi riconobbe subito. Non era ferito, solo scosso, sozzo di polvere, la barba strinata dal fuoco delle torce. Non sembrava capacitarsi di quanto era accaduto.
– Perché, figlio di Tancredi, oltraggi in tal guisa il capo della tua Chiesa? – sibilò.
Mi deliziai a condire d’ironia la mia risposta. – Perdonatemi, santità, intendevo semplicemente proseguire il piacevole abboccamento che ieri avete così bruscamente interrotto.
Lui digrignò i denti. – Non abbiamo nulla da dirvi, figlio di Tancredi. Se tu o altri oserete levare la spada contro di noi, accoglieremo con dignità il martirio, sapendo che il nostro sangue, caro a Cristo, ricadrà ineluttabilmente sulla vostra empia genìa di barbari. Ut sementem feceris ita metes.
Mi affrettai a sorridere.
– Nessuno vi torcerà un capello, santità. Vi scorteremo in un posto sicuro, ove potrete serenamente negoziare con mio fratello il conte le condizioni per la pace e il vostro rilascio.
– Intendete imprigionarci? – esclamò Leone, scandalizzato.
– Non potete! Siamo il vicario di Cristo, Dio è con noi!
– Non temete – ribattei con tranquillità- troveremo una cella grande abbastanza per contenervi entrambi.

Quarta di copertina

Undicesimo secolo. In un’Italia contesa tra longobardi, bizantini, arabi e svevi, dalla cittadina francese di Hauteville giungono cinque fratelli in cerca di fortuna. Contando solo sulle loro spade e una smisurata ambizione rovesceranno antichi equilibri, sconfiggeranno papi e imperatori, scacceranno l’Islam dalla Sicilia e cambieranno per sempre il corso della Storia.
Il penultimo tra loro, Roberto, grazie alla propria scaltrezza, alle sconcertanti capacità d’inganno e a una mancanza di scrupoli sorprendentemente moderna, guadagnerà il soprannome con cui ancora oggi lo conosciamo: Guiscardo.
Questo romanzo raccoglie, come un diario, la testimonianza e la confessione di Roberto d’Altavilla, duca di Puglia e Calabria, normanno di sangue ma vissuto quasi interamente nella nostra penisola, oggi sepolto all’abbazia di Venosa e ricordato in moltitudini di statue, monumenti e piazze d’Italia. Tra i suoi lasciti, però, forse i più importanti sono proprio l’indole opportunistica, la furbizia ostentata come un vanto, l’arte di arrangiarsi e l’insofferenza per fedeltà e giuramenti che rendono noi italiani tutti, in qualche modo, “figli del Guiscardo”.

L’autore

Francesco Grasso è nato a Messina nel 1966. Ingegnere elettronico, vive a Roma e lavora nella pubblica amministrazione. Scrive narrativa da molti anni, ha pubblicato numerose opere di fantascienza, romanzi storici, racconti umoristici, fantasy e thriller. Ha conquistato diversi riconoscimenti letterari, tra cui il premio Urania (2 volte), il premio Cristalli Sognanti, il premio Città di Ciampino, il premio Argentario, il premio Camuni Narrativa. Ha scritto anche sceneggiature per il cinema. La sua ultima opera pubblicata (il romanzo storico “I due leoni”) consiste nel primo capitolo di una serie, ancora da scrivere, sulla saga dei normanni nell’Italia medievale. L’inedito qui presentato (titolo “La versione del Guiscardo”) rappresenta il secondo capitolo della serie.

La mail dell’autore è: grassofrancesco3@gmail.com .