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Ex popolari venete, i risparmiatori azzerati devono pagare il deposito titoli. “Il liquidatore fermi la nuova gabella”

Devono versare a Banca Intesa dai 7 ai 10 euro perché vengano custodite azioni che non valgono più niente. La proposta delle associazioni che li rappresentano è di far confluire tutti i titoli che non valgono nulla in un unico deposito

Cornuti e mazziati. I risparmiatori di Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza hanno visto azzerati i loro soldi e si ritrovano in possesso di carta straccia al posto di titoli che fino a qualche anno fa avevano un valore di alcune decine di euro ciascuno. Eppure, nonostante il crollo totale, sono costretti pagare mensilmente il deposito titoli a Banca Intesa, che ha rilevato i due istituti di credito veneti. Pagano dai 7 ai 10 euro perché venga custodito il nulla, un’azione virtuale.

Il problema può sembrare di poco conto, ma assume un valore anche simbolico oltre che materiale, vista la situazione in cui si trovano migliaia di persone che hanno perso i risparmi di una vita. Ad affrontarlo sono in prima linea alcune associazioni che si occupano di tutelare i depauperati, come la Ezzelino III di Onara, che ha sede vicino a Cittadella, Adusbef, Codacons e Azione Vitale. Qualche sera fa hanno organizzato un’assemblea a Montebelluna, già sede di Veneto Banca, per studiare una strategia.

In quella occasione si è discusso questo paradosso: ogni risparmiatore deve pagare alla banca una specie di inutile balzello, che ha il sapore della beffa alla luce di quanto è accaduto in questi anni. “Dobbiamo fare pressione sulla banca e sul potere politico e questo è uno degli strumenti che possiamo usare. La nostra proposta è quella di far confluire tutte le azioni che non valgono nulla in un unico deposito titoli così che a pagare sia un solo azionista”, spiega Patrizio Miatello, dell’associazione Ezzelino III. In questo modo si “salverebbero” quegli azionisti che hanno in deposito solo titoli di Pop Vicenza o Veneto Banca. Le associazioni ipotizzano che siano circa la metà dei 200mila azionisti delle due banche. L’altra metà, avendo anche altri titoli, dovrebbe comunque affrontare la spesa.

Detto così, sembrerebbe l’uovo di Colombo che consentirebbe di risparmiare qualche milione di euro. Ma sulla loro strada gli azionisti trovano il liquidatore delle due banche che impedisce l’operazione. “La legge non vieta di fare questi passaggi di azioni – continua Miatello – ma serve l’autorizzazione del liquidatore. Invece, con questa faccenda del deposito titoli si continua a speculare su chi ha perso tutto. Non possiamo attendere qualche anno per avere la dichiarazione che le azioni non esistono più per evitare di pagare questa gabella”.

I comitati sono stati convocati dalla commissione d’inchiesta sul tracollo delle banche venete e hanno ribadito la tesi sostenuta dal professor Rodolfo Bettiol di Padova che li assiste. “Abbiamo le prove, anche se i processi non sono ancora stati celebrati, che è stata consumata una truffa di massa ai danni di duecentomila persone. Qualcuno deve pagare per questo comportamento dalle gravissime conseguenze e il potere politico deve istituire un Fondo vittime del risparmio tradito che garantisca i risarcimenti a chi è stato letteralmente truffato. Lo abbiamo ribadito all’onorevole Casini e speriamo dia corso a quello che aveva detto in un’altra occasione, ovvero che nel momento in cui la commissione avrà le prove della truffa, ne conseguiranno azioni di tipo legislativo”.