Società

Affronta la disabilità con quello che hai. Anche se quello che hai è la francesina

#diversodachi

C’è un momento nella vita di ognuno in cui ci si trova di fronte a un bivio dal quale dipende il proprio futuro. Io mi trovai a questo bivio diversi anni fa, con un dilemma semplicemente complicato: subire o combattere la mia simpatica malattia – per gli amici la francesina, per la scienza la distrofia di Duchenne? In quel preciso momento storico ero a un passo dalla follia – il passo è sempre metaforico – e presi la decisione più folle a mia disposizione: optai per combatterla. Cose da matti. E il sogno di bissare le disabilità – contando oltre a quella fisica, anche quella mentale – poteva così diventare realtà.

Tanto per inquadrare il soggetto, vi ricordo che la francesina porta insignificanti conseguenze come non poter camminare, non potersi muovere e – ciliegina sulla torta – avere qualche difficoltà respiratoria. Ma non è finita qui, perché alle conseguenze di cui sopra si aggiungono quelle riflesso – che dalla francesina possono derivare – in quanto l’egocentrica tende a “espandersi” fino a portare il fortunato alla depressione e a non integrarsi nella società: ora capite con chi ho a che fare?

Non avevo altra scelta, se non quella di continuare a fuggire da questo scenario. L’obiettivo che mi ponevo era di relegare Sua maestà a ciò che gli compete e nulla più, impegnandomi a scongiurare le conseguenze di cui sopra e a puntare a una vita quanto più da diversamente normodotato possibile, quindi all’integrazione. Il dado era ormai tratto e la prima domanda che prese possesso delle mie meningi fu la più banale di tutte: bene, ora come la combatto?

La risposta arrivò indirettamente da Nelson Mandela e dalla sua biografia Ama il tuo nemico, nella quale a chi gli chiedeva di farla pagare ai bianchi una volta ottenuto il potere, lui rispondeva che con i “nemici” bisogna convivere, perché “fanno parte come noi del paese”. Da qui è bastato trasferire il ragionamento alla francesina: la prima certezza era che con Lei dovevo convivere, volente o nolente. Certo che la tentazione di subirla c’era (e tutt’ora torna) – perché è la soluzione più facile – ma questo ci porta alla certezza successiva: che la vita è una, o così o così. Per cui tanto vale viverla, e vista l’opportunità farlo al meglio. Mica si può procrastinare il tutto alla prossima occasione, tipo ritenta e sarai più fortunato. Non potevo fare altro che mettere in atto il manifesto del pragmatismo: “Fai ciò che puoi con quello che hai”.

E che cosa avevo a disposizione? Beh me stesso e Lei, la francesina. Partiamo dalle note dolenti, quindi da me stesso. Mi parve subito chiaro che solo dal sottoscritto poteva partire il tutto, perché è inutile girarci attorno: la verità è che siamo noi stessi la nostra prima e più importante risorsa, il mondo là fuori mica si ferma per noi. Di sicuro le persone a noi più vicine sono determinanti, ma se non siamo determinati noi…

Per “sfruttare” al meglio me stesso dovevo innanzitutto imparare a volermi bene – ciò che di più complicato possiamo chiedere a noi stessi. Ma come si fa a volersi bene? Mi pongo troppe domande, lo so. Questa volta Mandela mi abbandonò al mio destino, allora fui costretto a improvvisare. Cominciai dagli “strumenti” che ritenevo necessari: in primis urgeva avere fiducia in se stessi, ovvero essere giudici obiettivi e inflessibili verso di sé. Acquisire consapevolezza nei propri mezzi, attraverso la scoperta dei propri limiti e delle proprie qualità, per capire in quale direzione puntare.

L’ostinazione dev’essere parte integrante di noi, perché ogni conquista bisogna anzitutto volerla. Indispensabile è la pazienza, poiché i frutti maturano con il tempo, e lavorare su se stessi significa proprio questo: maturare, acquisendo sicurezza e accrescendo la propria autostima. Perché sono proprio queste ultime due a essere carenti quando si vive in una condizione come quella del francesino: l’immobilità porta in dote la sensazione di sentirsi insignificante rispetto al mondo circostante, altra conseguenza riflesso di chi voi sapete.

Ed ecco arrivati alla francesina – l’altro pessimo elemento a mia disposizione – ma sul più bello devo fermarmi (perché adoro stare fermo) e rimandarvi a sabato prossimo.

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