Cronaca

Firenze, la morte a Santa Croce ci dice qualcosa sulla cura dei beni artistici

Un turista spagnolo è morto colpito da un elemento architettonico caduto dalla sommità di una navata della Basilica di Santa Croce a Firenze. Il turista, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato centrato da un frammento… staccatasi nell’area del transetto di destra della chiesa”.

La Basilica di Santa Croce, uno dei simboli di Firenze, da luogo di visita, trasformato in luogo di morte. Il nome di una delle più grandi chiese francescane e una delle architetture gotiche italiane più pregevoli, fa il giro del mondo ancora una volta. Ma in questa occasione non per la grandiosità della facciata oppure degli interni e neppure per gli affreschi delle cappelle e quelli della sacrestia. Né, per le tombe di tante personalità, da Michelangelo a Gentile.

“E’ tornato visibile il cielo della Firenze del 1442, raffigurato nella cupola della Cappella de’ Pazzi, nella basilica di Santa Croce. Il restauro, intrapreso dall’Opera di Santa Croce, costato circa 70 mila euro, ha riportato alla luce tutte le figure originali dell’affresco”. A luglio l’Ansa riportava la fine dei lavori al ciclo pittorico. Robocop testimonial della campagna di crowdfunding per il restauro della Cappella dei Pazzi nel complesso della basilica di Santa Croce a Firenze. Peter Weller, l’attore che ha impersonato il poliziotto cibernetico nel film di Paul Verhoeven, ha prestato il volto per un video di sostegno alla campagna. Nel video Weller spiegava che la cappella costituisce “un punto di svolta per l’intero sviluppo dell’architettura occidentale e il suo loggiato ha bisogno dei tuoi soldi, del tuo tempo e della tua gentilezza per essere restaurato, in modo che le future generazioni possano venire qui ad ammirare e apprezzare questo luogo, come ho potuto fare io per così tanti anni”.

Quella chiamata alle armi di Weller ha avuto successo. Il restauro reso possibile dalla generosità delle persone. Turisti che a Firenze ci sono stati ma anche semplici ammiratori che in basilica non avevano mai messo piede. Apprezzare, amare qualcosa, vuol dire in fondo anche questo. Prendersene cura se ce n’è bisogno. In quel caso la generosità, la “gentilezza” come diceva Weller, ha permesso un esito felice. Insomma il restauro.

Ma a parte questo, la morte del turista all’interno della Basilica ci mette di fronte ad un’urgenza che troppe volte si dimentica, una questione alla quale non si presta attenzione. I monumenti, le parti del nostro blasonato patrimonio storico-artisco, costituiscono nell’immaginario collettivo luoghi da visitare, occasioni nelle quali ci riappropriamo del nostro passato. Momenti comunque di festa. Di felicità. Certo, esistono aree archeologiche chiuse oppure in stato di semi-abbandono, musei nei quali piove oppure privi di illuminazione perché non ci sono le risorse per provvedere alla sostituzione delle lampade. Certo, ci sono palazzi e chiese inaccessibili da tempo e non solo perché colpiti da qualche terremoto. Tutto questo e molto altro la maggior parte delle persone lo sa. Non bisogna essere addetti ai lavori per rendersene conto. Ma quanti sono ad immaginare che una visita in uno di quei luoghi possa trasformarsi in una tragedia? Che la felicità per aver osservato un affresco in una chiesa oppure una collezione di vasi attici in un museo possa mutare, all’improvviso?

La morte siamo stati abituati negli ultimi mesi ad incontrarla nelle piazze in festa, oppure lungo le vie principali di qualche città. Persino negli aeroporti, nei locali dove si va ad ascoltare musica e negli stadi dove si gioca qualche partita di cartello. Lì sì. Abbiamo capito, magari senza darlo troppo a vedere, che lì fuori potremmo incontrare la morte. Lo sappiamo anche se non abbiamo il coraggio di confessarlo, che il rischio esiste. Ma non pensiamo che il pericolo possa annidarsi anche nei luoghi che visitiamo: pensare che ciò si verifichi per un destino beffardo significherebbe sminuire il problema. Allo stesso modo alimentare l’allarmismo non solo sarebbe pericoloso ma inutile. Già perché il rischio si combatte con la manutenzione, ordinaria e straordinaria. L’allarmismo non si alimenta monitorando con regolarità.

Ci sarà tempo per verificare le cause che hanno provocato il distacco dell’elemento lapideo che ha colpito lo sfortunato turista all’interno della basilica. Ci saranno indagini. Non mancheranno verifiche. Ma sarebbe auspicabile che questa tragedia possa suggerire una cura meno flebile dei luoghi d’arte. Statali e non, come nel caso della Basilica di Santa Croce. La sicurezza riguarda i luoghi d’arte, naturalmente. Insomma la loro conservazione. Ma non può non riguardare anche chi ne fruisce. Le persone.

Non si può morire così.