Televisione

Asia Argento a CartaBianca: “Vado via dall’Italia. Anni di visione berlusconiana hanno portato all’umiliazione della donna”

Ospite del programma di Bianca Berlinguer, l'attrice ripercorre il caso Weinstein: "Pur essendo una vittima mi sono sentita responsabile di ciò che è accaduto: per non essere riuscita a scappare, per non aver denunciato la violenza. L’unico potere è stato non accettare di fare più film per lui o di accettare i suoi regali schifosi"

“Sono fiera di far parte di questa rivoluzione femminile perché da oggi le donne non devono più avere paura degli uomini”. È una Asia Argento scatenata quella che appare nell’intervista esclusiva concessa a Bianca Berlinguer per il suo CartaBianca su RaiTre. Di nuovo in primo piano lo scandalo Weinstein, pronunciato dalla storica direttrice del TG3 ‘Winstin’, e ancora una volta una carrellata sulle presunte molestie e violenze subite dalla 42enne attrice vent’anni prima. Maglione nero, capelli stirati e lunghi fin sul petto da dove emerge un tatuaggio a forma di antica corona, la Argento in collegamento da Berlino (“me ne sono andata dall’Italia perché ‘tirava’ un clima di tensione pesante, per me e per la mia famiglia”) ha ripercorso le tappe del suo personale calvario di sottomessa alle violenze dei potenti del mondo del cinema, diventato improvvisamente apripista di uno sfogo generale di centinaia di donne.

“Weinstein ha dominato il cinema mondiale per almeno trent’anni imponendo i suoi film agli Oscar, ma ultimamente era diventato da terzo a duecentesimo. La gente ne aveva abbastanza, anche per come trattava gli autori e gli artisti che lavoravano per lui. È stata una violenza lunga 30 anni anche per i suoi collaboratori e le sue assistenti”, ha spiegato l’attrice che ha poi voluto rispondere alle critiche di chi ha parlato di denuncia in ritardo di almeno vent’anni. “Avevo denunciato ciò che era accaduto con l’arte. In Scarlet Diva ho raccontato per filo e per segno senza conoscere il suo modus operandi poi noto a tutti: portare ragazze 20enni in stanze d’albergo da dei facilitatori. Questi andavano via e Weinstein non assaltava subito le sue prede ma faceva quasi l’amicone. Poi andava in bagno, usciva in accappatoio e chiedeva di farti un massaggio con la crema. Era sconvolgente: alto tre volte te, largo quattro, cosa potevo fare? Mia mamma mi aveva insegnato a dare un calcio nelle palle, ma io ero pietrificata, così come altre donne”. Ed è proprio il risentimento verso se stessa a fare più male: “Pur essendo una vittima mi sono sentita responsabile di ciò che è accaduto: per non essere riuscita a scappare, per non aver denunciato la violenza. L’unico potere è stato non accettare di fare più film per lui o di accettare i suoi regali schifosi. Stavo male con me stessa, mi vergognavo. In Italia a 21 anni mi sentivo già arrivata e donna di mondo, lì fui ridotta a preda di questo predatore, un Ted Bundy della violenza sessuale sulle donne. Se l’avessi denunciato nel 1997 nessuno mi avrebbe creduto. Solo nel ‘96 è cambiata la legge sullo stupro: da violenza contro la morale a violenza contro la persona. Eravamo agli albori del significato della violenza sulle donne”.

La Argento conferma di aver già parlato da tempo con la madre Daria Nicolodi degli abusi subiti, mentre con il padre Dario e la figlia minorenne solo recentemente. Inoltre ha sostenuto che ciò che le è accaduto le ha fatto “cambiare la percezione” sul suo “mestiere e sugli uomini in generale”. Come anche il trauma del sesso orale ricevuto da Weinstein l’ha portata “a non volerlo più praticare con altri uomini”. Il direttore di Libero, Vittorio Feltri, che aveva sminuito la cosiddetta “leccatina” di Weinstein è stato invitato a “frequentare un corso di educazione sessuale sul sesso orale che alla donna non deve piacere per forza”.  La Argento ricorda poi che quando girò B. Monkey (1998) era ancora una ragazzina e che di nuovo Weinstein abusò di lei nuovamente durante un incontro in Italia per discutere del lancio del film. “Ero già stata vittima e in quel momento mi sentii ancor più schifosa. C’è qualcosa di identico in tutte le donne. Ci sentiamo in colpa di essere belle, di avere un vestito troppo scollato, di tirare fuori l’animale che è nell’uomo. Per questo ho parlato, perché tutto questo non lo sopporto più”.

E pur sostenendo di non volere più tornare in Italia, se non per le vacanze, l’attrice e regista romana ha parlato di “momento importante per il nostro paese, non solo per l’ambiente dello spettacolo, un momento rivoluzionario in tutti gli ambienti di lavoro”. “Sono fiera di far parte di questa rivoluzione femminile. Noi donne non ci stiamo più. D’ora in avanti anche quando un uomo ci metterà una mano su un ginocchio sarà una violenza e non sarà più possibile. Voglio che gli uomini si spaventino di noi, come quando noi avevamo paura di loro mentre entravamo in una stanza e ci facevano moine e carezzine su spalle”. L’origine del maschilismo all’italiana secondo l’attrice deriva dall’atteggiamento culturale imposto dal berlusconismo. “Non voglio cadere sulla politica, ma tanti anni di visione berlusconiana della femmina hanno portato all’umiliazione della donna. Per anni ci è stato richiesto di essere sensuali. Se dicevo no era pudica, se sì ero una prostituta. Si capisce che in Italia sul tema dell’eguaglianza tra donne e uomini siamo molto indietro rispetto al resto del mondo”. Infine un solo appunto alla guerrigliera Berlinguer che indossa tacchi e sottoveste come se stesse in vestaglia e pantofolone: la domanda sui registi maiali in Italia (“non ho bisogno di dire nomi perchè in Italia c’è la prescrizione e se li denunciassi non avrebbe alcun senso”) come l’affermazione dell’intervistata sulle “connection” politiche di Weinstein che gli permettevano di insabbiare tutto, si infrangono in un autocensura di conduttrice e intervistata che non corrisponde al mood del rimanente e valido servizio giornalistico offerto da CartaBianca.