Società

Il Sessantotto è morto, viva il Sessantotto / 1° parte

Il ’68 lo feci, o meglio ci passai a/traverso, presso l’ancor Libera Università di Trento. Su quell’esperienza e sulle sue conseguenze ho scritto tre saggi, diversi articoli nonché un romanzo-saggio introvabile perché ritirato, si fa per dire, dal mercato.

Secondo Mauro Rostagno, nel movimento anti/autoritario trentino ero: “L’opposizione costituzionale interna”. Vale a dire che pur facendo parte del movimento, lo contestavo dall’interno, dato che, non essendo né marxista, né operaista, né tantomeno rivoluzionario, ritenevo che la nostra fosse più una rivolta generazionale, piuttosto che una vera e propria rivoluzione sessuale & culturale già avvenuta nei paesi più avanzati. Ciò premesso, posso affermare con orgoglio che, grazie al mio contro/corso “Psicoanalisi e Società repressiva”, quella di Trento fu la prima università italiana dove la psicoanalisi, dopo decenni di ostracismo fascio-catto-comunista, venne ufficialmente ammessa negli atenei italiani. Per non dire poi degli incontri-confronti con Franco Basaglia, e della ricerca nelle carceri italiane poi best seller Einaudi, nonché libro di testo in diverse università italiane.

Su FQ Millennium, il magazine del Fatto che Peter Gomez ha dedicato al cinquantenario del ’68, quest’ultimo, che in quella di Trento e in altre università italiane iniziò nel ’67, era già esploso a Berkeley nel ’64, come dire che le radici del movimento nostrano, venne influenzato dalla contestazione studentesca, nonché dalla saggistica e dalla letteratura americane.

Tornando alla non facile sintesi di Millennium, il suo direttore, non potendo ovviamente dare la parola a tutti i protagonisti, ha finito per darla a “quelli che ce l’hanno fatta” – piuttosto che a quelli che non ce l’hanno voluta fare – i quali si sono affermati nei media, nella politica e nelle professioni così/dette liberali, e/o perché rimasti all’interno degli schieramenti formalmente de sinistra, come Capanna, D’Alema, Mieli, Moretti, Strada, etc. A quest’ultimi vanno aggiunti coloro che, come Capuozzo, Cicchitto, Ferrara, Mughini, Pecorella, etc., si son ritrovati a destra. A questi vanno aggiunti i trasversali, a partire da quel Sofri Adriano che “finita la baldoria anche se condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio Calabresi – dettaglia Massimo Fini – divenne editorialista del più importante quotidiano di sinistra, La Repubblica, e del più venduto quotidiano di destra, Panorama, Leonardo Marino rimase a vendere le frittelle a Bocca di Magra”.

Ma comunque sia o sia stato, cosa rimane oggi di quell’anno famigerato?

“L’orgoglio d’aver anticipato la modernità –  risponde lo storico Giovanni De Luna –  non c’è nessuno di noi che sia diventato un maestro, non abbiamo lasciato discepoli. Eravamo estranei al potere e volevamo mettere la maggior distanza possibile dai poteri: così alcuni di noi, dopo, sono finiti ad adorare compiaciuti il potere, mentre altri hanno mantenuto una estraneità assoluta al Potere”. Come per esempio Oreste Scalzone di Potere Operaio o Vincenzo Sparagna fondatore di Frigidaire, nonché tutti coloro che presero le distanze da quelli che il successo lo ottennero facendo li froci cor culo dell’artri, c’est a dire alla faccia di quelli che, a torto o a ragione, tentarono a proprio rischio e pericolo di ribaltare il sistema e non di miglioralo, né tantomeno di co-gestirlo, pagando con anni di galera, come nel caso di Curcio and CO; oppure saldando il conto in termini di auto-emarginazione, droga, suicidio & via discorrendo.

Keith Richards, ma sì proprio il chitarrista dei Rolling Stones, nel suo poderoso Life steso con James Fox –  una lettura da raccomandare a tutti i pallosissimi estensori di gran parte dei documenti politici e dell’indigesta saggistica sessantottarda –  a proposito dell’occupazione della Sapienza nel ’67, dettaglia: “Si respirava anche un’aria di rivoluzione, molte sfumature politiche, tutte bazzecole tranne le Brigate Rosse che arriveranno più tardi. Prima delle rivolte di Parigi dell’anno seguente, gli studenti avevano dato vita a una contestazione all’Università di Roma, dove andai anch’io. Si erano barricati, ma qualcuno mi fece entrare di straforo. Erano un fuoco di paglia, come rivoluzionari”. Punto di vista che combacia con quello di Massimo Fini: “I sessantottini come rivoluzionari erano farlocchi, ma tutt’altro che innocenti”.

continua…

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