Diritti

Bambini in Rosa, ‘Mio figlio non è un maschio, è uno spirito libero’

Le conferenze stampa si dividono in due: quelle in cui c’è meno gente rispetto alle aspettative e quelle dove le persone sono più numerose dei posti a disposizione. A Firenze, in una delle sale del Consiglio regionale, è accaduto proprio questo: ore 10, gli addetti dell’ente ritirano i documenti dei partecipanti e si rendono conto che la sala allestita è troppo piccola per contenere tutte le persone in attesa di partecipare all’incontro “Bambini in Rosa – crescere un bambino con varianza di genere”.

Il diadema fra i capelli di Federico

Il racconto di genitori come Loredana, mamma di Federico, descritto dalla una sua piccola compagna di scuola come: “Un bambino con il corpo di un bambino e il cuore di una bambina”. Sfoglia il loro diario di vita quotidiana questa donna che ammette la curiosità sua e del marito rispetto al figlio che, a soli due anni, ha cominciato a mettersi le magliette sulla testa come possibili capelli lunghi. “Lo sviluppo atipico dell’identità di genere di un figlio è un percorso che coinvolge tutta la famiglia. Lui traccia la sua strada e noi lo seguiamo perché il nostro compito è stargli vicino. I bambini che in questa età non sono accettati dalla famiglia – prosegue Loredana – hanno profondi problemi in età adolescenziale”. Le conseguenze sono forti depressioni che a volte sfociano in tentativi di suicidio.

“Federico oggi è un bambino sereno e felice orgoglioso, di quello che è, si sente normale così come è. Non avverte di essere strano o sbagliato. Lo so che la vita si complicherà, ma noi vogliamo dargli la forza che gli servirà in futuro. Federico non deve vergognare di essere ciò che è e sente di essere”. Genitori che ammettono: “Niente è casuale in queste situazioni perché quando tuo figlio ha un diadema tra i capelli non è facile accompagnarlo a scuola”, racconta Loredana, la voce rotta dall’emozione che avvolge tutti.

Varianza di genere

Trattare di “varianza di genere” non è semplice: le persone transessuali, cioè coloro la cui identità di genere sentita non corrisponde a quella assegnata alla nascita, esistono in tutte le culture e in ogni epoche storiche. Per Paolo Valerio, ordinario di Psicologia clinica all’Università degli studi di Napoli Federico II, “affrontare un tema così delicato oggi è certamente differente rispetto al passato, ma resta un lavoro di frontiera, teso a combattere l’ignoranza, non tanto per il gusto di dover battagliare con l’opinione pubblica, ma per proteggere e tutelare i diritti dei Gender variant. Persone alla ricerca di una cittadinanza, di un diritto ad esistere“. Non si tratta di patologia: si definiscono fluidità di genere i casi di un’incongruenza tra identità di genere di una persona e le sue caratteristiche biologiche. Situazioni che possono dare luogo a comportamenti non conformi rispetto al genere con infinite sfumature. Lo ha spiegato Jisk Ristori, psicologa del consultorio del dipartimento di Medicina della Sessualità e Andrologia dell’ospedale universitario Careggi.

Mamme invasate

“Queste non sono mamme invasate, che proiettano la propria femminilità sui figli maschi”, afferma un papà che ha deciso di accettare di intervenire, di rendere pubblico qualcosa di così intimo. È preoccupato ma anche arrabbiato. Marta e Riccardo invece arrivano da Venezia per raccontare del loro bambino in rosa, sei anni il 12 ottobre. Qualcuno li definisce bambini “confusi” e Marta assicura come spesso schemi predefiniti e pregiudizi comuni impediscano di dare fiducia all’amore verso il proprio figlio. “Ogni volta mi sento persa e confusa – ammette – poi lo guardo e so che sono la mamma di uno spirito libero”.

Spiriti liberi che hanno però bisogno di non essere calpestati magari in nome di una prevalenza di visione sociale.

È strano come queste letture di vite facciano paura, come queste famiglie inizino ad essere sottoposte a delle pressioni vagamente minacciose da parte di altre famiglie e genitori che, in taluni casi, si sono spinti anche a denunce ed esposti. Queste mamme e papà sono angosciati non tanto per i loro bambini in rosa e blu, quando per la strumentalizzazione che, ormai è chiaro, avviene su questo argomento. Loro hanno letto o scritto pagine della loro vita, o di altri, pubblicate nel corso dell’anno sul blog “Mio figlio in rosa”, aperto da Camilla Vivian. Chi ha preso la parola durante l’incontro, sostenuto da Sì-Toscana a Sinistra in Consiglio regionale a Firenze, ha sottolineato la necessità della presa in carico dell’infanzia a livello psicologico, del bisogno di spazi di ascolto per fare chiarezza, della presenza di persone competenti in grado di capire come aiutare i loro figli o le loro figlie.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it