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Ceta, il Senato rinvia a data da destinarsi la ratifica del trattato commerciale Ue-Canada

Dopo l'entrata in vigore provvisoria del 21 settembre, in questi giorni era previsto il voto a Palazzo Madama. Ma la conferenza dei capigruppo ha accolto la richiesta di Sinistra Italiana di posticipare la decisione

Il Ceta si arena in Italia. L’esame in Senato della ratifica del trattato di libero scambio firmato dall’Unione Europea e dal Canada “slitta sine die“, dunque a data da destinarsi. A renderlo noto, al termine della conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, è la presidente del gruppo Misto Loredana De Petris. “La proposta di Sinistra italiana di farlo slittare – ha spiegato la senatrice – è stata accolta anche dagli altri gruppi e di questo siamo molto soddisfatti”. Solo una settimana fa, il 21 settembre, è partita la fase di applicazione provvisoria del Comprehensive Economic and Trade Agreement, l’accordo commerciale tra Bruxelles e Toronto già approvato dal Parlamento europeo.

Con il Ceta, secondo il ministero dello Sviluppo, “verrà abolito il 99% delle tariffe doganali canadesi con picchi in alcuni dei settori di punta del nostro export”, verranno “rimosse alcune importanti barriere non tariffarie e garantita l’apertura del mercato degli appalti pubblici alle aziende europee”. Oltre “il riconoscimento di 171 indicazioni geografiche europee (di cui 41 italiane)”. Ma i critici sottolineano i rischi legati all’arrivo sulle nostre tavole di prodotti agricoli trattati con additivi chimici, ogm, carne agli ormoni. “Al contrario di altri Paesi europei come il Belgio o la Francia, l’Italia non sta facendo nulla per opporsi a questo percorso pur essendo tra quelli che hanno più da perdere”, aveva detto Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura sostenibile e Progetti speciali di Greenpeace Italia, al fattoquotidiano.it.

“L’accordo con il Canada – assicurava invece il ministro dell sviluppo economico Carlo Calenda il giorno dell’entrata in vigore provvisoria – non mette in alcun modo in pericolo gli alti standard sanitari, ambientali e sociali la cui tutela è una nostra priorità a difesa dei cittadini europei. Diverso è invocare questi standard come un alibi per nascondere ingiustificate spinte protezionistiche, pericolose per un paese come l’Italia che vive di esportazioni”.