Lobby

Sardegna, chiesti 10 rinvii a giudizio per abusi edilizi in Costa Smeralda. C’è anche l’ex ministro Franco Carraro

Secondo l'accusa la Sardegna resorts, che gestisce gli hotel Romazzino, Pitrizza e Cervo per conto del Qatar, ha ottenuto licenze di concessione edilizia per ampliare gli alberghi sulla base di un "sistema corruttivo". Fornendo lavori gratis a funzionari comunali

Sulla Costa Smeralda che vive ancora sprazzi di stagione turistica arriva l’ultima puntata della maxi inchiesta giudiziaria sui presunti abusi edilizi. L’ultimo, almeno, firmato dal pm Domenico Fiordalisi per la Procura di Tempio Pausania che lascia per il suo nuovo incarico in Cassazione. Dieci le richieste di rinvio a giudizio, al centro le licenze di concessione edilizia per ampliamenti ai noti alberghi di lusso Romazzino, Pitrizza e Cervo che la Sardegna resorts – la società che li gestisce ora per conto del Qatar – avrebbe ottenuto sulla base di un “sistema corruttivo“. Pressioni, favori e lavori gratis in cambio di “via libera ad abusi”: questa la tesi. Tra gli indagati ci sono quindi i manager, progettisti e i funzionari del comune di Arzachena, nel cui territorio ricade l’enclave esclusiva. Ma anche il senatore Pdl, ex sindaco di Roma ed ex ministro Franco Carraro, in qualità di presidente di Costa Smeralda Holding, e altri due manager, Mariano Pasqualone – amministratore delegato, figura storica in Costa – e Aleksandra Dubrova, già fiduciaria dell’ex proprietario, il magnate libano-statunitense, Tom Barrack. Con loro alcuni consulenti: l’ingegnere cagliaritano Tonino Fadda, l’impresario Angelo Antonio Filigheddu e l’avvocato e commercialista Stefano Morri. Nonché i funzionari comunali di Arzachena Antonello Matiz e Libero Meloni, l’ex comandante della Polizia locale del Comune gallurese, Giovanni Mannoni e Antonio Tramontin, della Commissione regionale per il paesaggio.

Le accuse: lavori gratis in cambio di concessioni – Il “fenomeno corruttivo” sarebbe legato agli affidamenti degli ampliamenti delle suite alla Ainocal di Arzachena, vicina al dipendente comunale Matiz, ex dirigente ufficio tecnico. Lui stesso in seguito avrebbe ottenuto lavori nello stazzo – una residenza di campagna – di sua proprietà. Lo schema accusatorio è questo: concessione edilizia, incarico a ditta di favore e lavori gratis. Il lasciapassare illegittimo, secondo la Procura, era l’obiettivo del gruppo e della stessa società. I diretti interessati si dicono del tutto estranei e, anzi, ribattono con alcune dichiarazioni del legale Antonella Cuccureddu (che tutela gli interessi di Pasqualone e di alcune delle società che oggi sono controllate dal Qatar). L’avvocato ha dichiarato di “essere alquanto sorpresa dalle richieste di rinvio a giudizio per fatti che sono stati dichiarati legittimi lo scorso anno anche dalla Cassazione. Se 30 giudici (fra giudizio di merito e Cassazione) hanno stabilito che le concessioni edilizie erano tutti atti dovuti, non avrebbe avuto senso corrompere i funzionari del Comune”. E chiude dichiarando l’inchiesta “inutile e dispendiosa”. Riferimento all’intricato iter dell’inchiesta che, a ottobre 2016, ha visto accorpare diversi filoni alcuni partiti due anni fa con il supporto dei militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Sassari, coordinato dal colonnello Marco Sebastiani. In mezzo continui rinvii al Riesame e alla Cassazione: un andirivieni tra i provvedimenti di sequestro preventivo e dissequestro. Con dure prese di posizione anche dei sindacati e degli stessi lavoratori: un coro unanime con la stessa società. A rischio sigilli gli ampliamenti finiti appunto nel mirino della Procura: 17 ville con piscina del Pitrizza, le vecchie dependance del personale del Cervo, e le sette family suite dell’hotel Romazzino più piscine private, sale ristorante e terrazze. Un valore stimato in 87 milioni di euro.

La battaglia giudiziaria e la vendita della Costa Smeralda esentasse – Tra i filoni c’è – o meglio c’era – anche quello dell‘evasione fiscale milionaria relativa alla vendita della Costa Smeralda nel 2012: quando è passata dalla Colony capital di Tom Barrack (finanziatore delle campagna elettorale Usa di Trump) alla Qatar Holding per 600 milioni di euro. Il tutto avvenuto attraverso un sistema di società estere – a mo’ di scatole cinesi – con base anche in Lussemburgo: secondo l’accusa non sarebbero stati versati 200 milioni di euro al Fisco italiano, ma l’impianto è stato stralciato. In altra sede Barrack ha già versato all’Agenzia delle entrate 24 milioni di euro per lo stesso reato contestato.