Politica

Migranti: gli sgomberi di Roma, l’accoglienza e le altre parole a vanvera

Ho letto che il Viminale vuole una stretta sulle regole riguardanti le procedure di sgombero. E quindi l’esecuzione di una qualunque ordinanza va subordinata a tre requisiti, tra cui l’individuazione di strutture in grado di accogliere le famiglie occupanti che hanno diritto a una casa e la presenza sul territorio di ospedali che si facciano carico delle persone malate. Questa cosa è la conferma che, tra i governanti, la destra non sa ciò che fa la sinistra. Sono anni che, in nome della tenuta dei bilanci pubblici e delle regole “pareggistiche”, si tagliano ospedali, reparti, posti letto, personale vario (i recenti fatti di cronaca dovrebbero consigliare al ministro Minniti di acquisire qualche informazione), e adesso esce fuori che servono le strutture pubbliche anche per far fronte al complicato tema dell’accoglienza. Sono anni che la forbice si abbatte sul welfare. E ora ci vengono a dire che uno sgombero si farà se vi saranno case e posti letto in ospedale. Semplicemente ridicolo.

Il welfare presuppone due condizioni: spesa pubblica responsabile e legalità. In Italia si va avanti o con l’emergenza o con il pietismo smerciato per solidarietà. Dietro le occupazioni, ci sono racket illegali, ci sono mondi paralleli, c’è un business schifoso e redditizio. Di contro, dietro la mancanza di casa c’è la sacrosanta rivendicazione ad avere alloggi popolari, con graduatorie serie e dove gli italiani non siano penalizzati perché i requisiti sono spesso compilati per favorire gli stranieri (e mettersi a posto con la coscienza e con la stampa amica). Ho sempre detto e scritto che la sfida dell’accoglienza si vince solo se la spesa pubblica è una priorità programmatica, perché non deve creare sfide tra ultimi e penultimi. Cum grano salis, l’accoglienza va pensata come questione politica e non metapolitica, la globalizzazione sta generando l’equivoco della liquidità sociale salvifica per opera dello spirito santo. Non è così, chi usa le leve della solidarietà e della pietas mente.

Due esempi

1. Il primo. Chi a sinistra plaude a papa Francesco per le sue parole a favore dello ius soli potrebbe tranquillamente far approvare la legge, invece di compiere un passo indietro per paura di perdere le elezioni, così come in questi anni avrebbe potuto abrogare la Bossi-Fini, che invece è legge dello Stato.

2. Il secondo esempio. Il cosiddetto “fronte dei buoni” risponda a questa domanda: il rientro dell’ambasciatore in Egitto serve per avere una sponda amica con l’altro governo libico e fermare il flusso di migranti? Detto in altre parole, abbiamo barattato la verità su Giulio Regeni per avere dei numeri migliori sugli sbarchi da ribattere a Matteo Salvini e Luigi Di Maio alla prossima campagna elettorale?

Torniamo agli sgomberi a norma di legge. Il welfare, dicevamo, dev’essere nella legalità e questo significa innanzitutto che chi fa la cresta sulla spesa pubblica deve andare in galera sul serio; poi, che non bisogna aspettare anni per dipanare i grovigli. Basta con questi governanti, politicanti, prefetti (dare più potere a queste figure impregnate di senso burocratico è inutile. Zero funzioni vere, solo funzioni di rappresentanza) e dirigenti pubblici rintanati nelle loro stanze. Vadano a vedere. Vadano a controllare. Non da turisti ma da veri rappresentanti dei poteri e delle funzioni che esercitano. E, se hanno paura, cominceranno a comprendere cosa significa vivere nel Paese reale e non in quello delle belle favole.