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Poste Italiane, ancora perdite per la controllata Mistral Air che in dieci anni ha accumulato un rosso di quasi 40 milioni

La piccola compagnia da appena 9 aerei nel 2016 ha realizzato altri 4 milioni circa di perdite mentre i ricavi sono crollati da 111 milioni di euro a 81,5, cioè il 26,5 per cento in meno del 2015

Quando si parla di aerei non c’è solo Alitalia a pesare sulle spalle dei contribuenti, anche Mistral, nel suo piccolo, porta un bel contributo. La piccola compagnia da appena 9 aerei, di proprietà delle Poste Italiane nel 2016 ha realizzato altri 4 milioni circa di perdite mentre i ricavi sono crollati da 111 milioni di euro a 81,5, cioè il 26,5 per cento in meno del 2015. Negli ultimi dieci anni l’azienda aerea postale ha quindi perso quasi 40 milioni di euro, ed essendo Poste una società quotata in Borsa controllata dallo Stato italiano che detiene oltre il 60 per cento del capitale, parte di quelle passività gira e rigira è stata scaricata sui cittadini italiani che pagano le tasse. Solo una voce del bilancio 2016 di Mistral si dimostra vitale, quella dei costi per il personale: 70mila euro lordi annui in media per ogni dipendente. Che sono una bella cifra se si tiene conto che nel 2015 il costo medio per dipendente Alitalia è stato di appena 48mila euro lordi.

Paradossale se si pensa che Mistral non svolge quasi più il suo compito e cioè il servizio di smistamento veloce della corrispondenza e dei pacchi per cui una quindicina di anni fa fu comprata da Corrado Passera ai tempi in cui era amministratore dell’azienda postale. Da tempo la compagnia aerea fa soprattutto altro e cioè voli charter verso le Canarie, le isole greche, la Tunisia, le Baleari, Sharm el Sheikh, la Tunisia. E poi le mete religiose: la Terra Santa, Lourdes, Medjugorie. Ma invece di guadagnarci ci rimette. Senza contare che esercita di fatto una sorta di concorrenza sleale nei confronti delle altre compagnie aeree: alle spalle dei buchi di Mistral c’è lo Stato italiano che attraverso le Poste ripiana le perdite e mette mano al portafoglio per gli aumenti di capitale che si rendono necessari.

Stando così le cose c’è da chiedersi perché le Poste debbano continuare a mantenere una loro compagnia aerea e non pensino invece di venderla al miglior offerente. L’ex amministratore delegato, Francesco Caio, per la verità aveva fatto un pensierino sulla vendita, ma poi fu tirato per i capelli dal governo allora presieduto da Matteo Renzi nell’avventura dell’Alitalia in versione araba, con il marchio di Etihad. Alle Poste fu praticamente imposto di entrare nell’azionariato con una settantina di milioni di euro, ma siccome il perimetro di interesse dell’azienda postale era mille miglia distante dal business aereo, per giustificare in qualche modo la decisione a Palazzo Chigi sostennero che c’era una forte sinergia da sviluppare e che l’anello di congiunzione tra le lettere e gli aerei era appunto Mistral. Ora, con il il terzo fallimento Alitalia in un decennio, anche per Mistral potrebbe essere arrivato il momento della verità. Il nuovo amministratore delle Poste, Matteo Del Fante, nel bilancio 2016 ha già provveduto a svalutare la partecipazione postale in Alitalia. Ora potrebbe procedere con il passo successivo sgravando Poste e i contribuenti italiani dal peso di Mistral.