Scienza

Dna embrioni modificato, appello dei ricercatori di tutto il mondo: “Fare più test prima di intervenire”

La tecnica Crispr - anche su embrioni umani - è realtà da tempo e l'editing genetico era già tra le principali sfide del 2016. Ma è arrivata una reazione compatta la notizia degli embrioni geneticamente modificati per correggere il gene difettoso all’origine di una malattia cardiaca

La tecnica Crispr – anche su embrioni umani – è realtà da tempo e l’editing genetico era già tra le principali sfide del 2016. Ma è arrivata una reazione compatta la notizia degli embrioni geneticamente modificati per correggere il gene difettoso all’origine di una malattia cardiaca. Per l’autore, Shoukhrat Mitalipov dell’Oregon Health&Science University di Portland, con il taglia e incolla del Dna “è possibile ridurre il peso di queste malattie ereditarie”. Ma ora a intervenire nel dibattito sull’opportunità e sui rischi dell’editing genetico è un gruppo internazionale di 11 organizzazioni di genetisti. In un documento gli esperti lanciano un appello contro la modifica del genoma umano a fini riproduttivi, ma chiedono anche con forza di finanziare la ricerca in vitro sulle potenziali applicazioni cliniche con fondi pubblici. Insomma, cautela ma niente stop a studi che potrebbero sconfiggere le malattie genetiche ereditarie.

L’argomento è comunque delicato. Tanto che gli esperti delineano una serie di step a livello scientifico e sociale da considerare prima delle applicazioni cliniche nell’uomo. Pubblicato oggi sull‘American Journal of Human Genetics, il documento è stato prodotto da: American Society of Human Genetics, Association of Genetic Nurses and Counsellors, Canadian Association of Genetic Counsellors, International Genetic Epidemiology Society, National Society of Genetic Counselors. Èstato firmato anche da: American Society for Reproductive Medicine, Asia Pacific Society of Human Genetics, British Society for Genetic Medicine, Human Genetics Society of Australasia, Professional Society of Genetic Counselors in Asia e Southern African Society for Human Genetics.

“Il nostro gruppo di lavoro sull’editing genetico ha incluso esperti in diversi sottocampi della genetica umana, da Paesi con vari sistemi sanitari e infrastrutture di ricerca”, spiega Kelly Ormond, docente di genetica alla Stanford University. “Data questa diversità di prospettiva, siamo incoraggiati dall’accordo che siamo riusciti a raggiungere”, aggiunge. Al centro del dibattito il sistema Crispr-Cas9, le cosiddette ‘forbici genetiche’ che dal 2013 si sono rapidamente imposte nella ricerca del settore, grazie alla facilità con cui questo strumento può essere personalizzato e alla sua efficacia in diversi tipi di cellule e specie. Tanto che, secondo molti scienziati, presto si aggiudicherà un Nobel.

C’è un notevole interesse nel mondo per utilizzare il Crispr e per le sue prospettive per la salute umana. Ma non sono da sottovalutare anche i problemi etici di questa metodica, a causa dei potenziali effetti non solo per i singoli soggetti trattati, ma anche le generazioni future. “Se la modifica del genoma potrebbe teoricamente impedire la nascita di un bimbo con una malattia genetica ereditaria, il suo potenziale utilizzo solleva anche una serie di questioni scientifiche, etiche e politiche. Il tema deve essere discusso dalla società “, ha dichiarato Derek Scholes, della Ashg. Ebbene, secondo i ricercatori in questo momento non è opportuno eseguire un editing genetico a fini procreativi, ma “non esiste alcuna ragione per vietare la ricerca in vitro”, quindi al di fuori di un organismo vivente, “con un’adeguata sorveglianza e autorizzazione, o per vietare i finanziamenti pubblici per questo tipo di ricerca”. Prima di ogni futura applicazione clinica dell’editing genetico ci dovrebbe essere, dunque, una ragionevole base medica per questo approccio, prove scientifiche a supportarne l’uso, una giustificazione etica. “Dal momento che la ricerca scientifica sull’editing genetico andrà avanti nei prossimi anni, esortiamo le parti interessate a riflettere e discuterne sul pianto sia etico che sociale”, conclude Ormond.