Società

Religioni oggi, un’analisi / II – Perché la spiritualità sta perdendo terreno

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Esaminiamo ora, limitandoci alla sola Ue, come è praticata la fede: il divario tra confessione dichiarata e vissuta è notevole. Da un’indagine del 2015 della Strategic Forecasting scaturisce un’immagine alquanto opaca dei credenti cattolici (Tabella 7).

Prendendo come misura della pratica religiosa la presenza alla messa domenicale, sui 28 Paesi Ue solo in 5 – tutti a prevalenza cattolica (Italia, Polonia, Irlanda, Slovacchia e Malta) – l’affluenza riguarda oltre il 30% dei fedeli. Nella seconda fascia (16%-30% di presenza) ancora i Paesi cattolici, oltre alla Grecia ortodossa. In quelli di confessioni protestanti il livello di presenza scende e, in particolare, si collocano tra 10 e 15% in Gran Bretagna, Olanda, Lituania; a meno del 10% in Finlandia, Svezia, Estonia, Lettonia, Germania, Danimarca. In queste ultime due fasce si pongono anche Paesi in prevalenza cattolici (Belgio, Repubblica Ceca e Ungheria, tra il 10% e il 15%; Francia < 10%).

Dunque, sembrerebbe che i cattolici siano più osservanti dei fratelli separati. Tuttavia, il senso religioso scema nel vecchio continente. Dalle ultime rilevazioni – effettuate dalla ricerca Ue Eurobarometro – emerge che il 50% degli Stati membri non ha gran fiducia nelle istituzioni religiose. I più fiduciosi sono Romania (67%), Malta (66%), Cipro e Portogallo (56%). L’Italia è solo al 48% ma è uno dei pochi Paesi che registra una crescita, anziché un calo.

Il dato più sconcertante riguarda l’ultimo posto che nell’Ue occupa la religione (6%) tra una gamma di valori quali la pace (44%), la tolleranza (15%), la solidarietà (15%), l’uguaglianza (19%).

Nel 2016, gli italiani con più di 6 anni che si sono recati in un luogo di culto almeno una volta a settimana (Tabella 8), al contrario di quanto accade di solito nei fenomeni sociali, si collocano nelle classi estreme e non in quelle centrali: il 48,1% dei bambini tra i 6 e i 13 anni e tra il 30,1% e il 40,4% degli ultra 60enni.

In media, poco più di ¼ della popolazione italiana con più di 6 anni frequenta il luogo di culto con una certa assiduità settimanale, ma il trend è negativo: negli anni considerati (2007-2016) si è partiti dal 33,3% e si è arrivati al 27,5% (circa 6% in meno), mentre 1/3 degli intervistati tra 18 e 34 anni dichiara di non recarsi mai in un luogo di culto (Grafico 3).

Anche il siglare religiosamente i passaggi della vita scema sempre più nel nostro Paese. Per esempio, i matrimoni (Tabella 9), scesi complessivamente da 4,2 per 1.000 abitanti nel 2007 ad appena 3,2 nel 2016, crollano in ambito religioso: 10 anni fa 2/3 circa dei matrimoni era celebrato in forma religiosa, nel 2016 poco sopra la metà. Anche la famosa ora di religione è seguita sempre meno dagli studenti (Tabella 10). La frequentavano il 93,6% degli alunni nel 2000-2001, solo l’87,8% nel 2014-2015.

Dunque, italiani in prevalenza cattolici (96,8%) (Tabella 11) non adottano i comportamenti che la religione impone: i più sembrano essere religiosi per “tradizione” o forse bisogna supporre che si ritengano cattolici pur non giudicando essenziale praticare riti, celebrazioni, precetti indicati dalla Chiesa.

Osservando poi quel che accade all’interno della Chiesa cattolica nel mondo riguardo ai suoi ministri (Tabelle 12 e 13), risulta che, pur in presenza di un aumento negli ultimi 16 anni di vescovi, da 4.541 nel 2000 a 5.304 nel 2015, di sacerdoti, da 405.179 a 415.656, di diaconi e di seminaristi – solo il numero delle religiose diminuisce sensibilmente (– 16%), passando da 801.785 a 670.320 – cala il rapporto religiosi per milione di cattolici. I vescovi scendono da 4,3 a 4,1, i sacerdoti da 385,9 a 323,5, le religiose da 763,6 a 521,6 e i seminaristi da 105,3 a 90,9. Solo i Diaconi aumentano passando da 26,5 a 35,2 (Grafico 4) e gli abbandoni del ministero da parte dei sacerdoti aumentano: su circa 9.000 ingressi annuali, a partire dal 2000 fino al 2014, il 12% lascia (Tabella 14).

Le religioni nel mondo occidentale perdono terreno. Molti si dichiarano atei, non frequentano le Chiese, poche le vocazioni. La crisi dei modelli sociali ed economici si ripercuote significativamente anche nella spiritualità: i valori cristiani, fondamento dei Paesi occidentali, sono messi a dura prova dalla complessità del mondo d’oggi, dal mutare delle società a fronte dei processi di globalizzazione, delle imponenti migrazioni, dei conflitti sempre più cruenti ed estesi, dal terrorismo. Al cristianesimo tocca recuperare i suoi valori più veri che gli hanno consentito di crescere ed espandersi nel mondo intero per migliaia di anni.

(Ha collaborato Mariano Ferrazzano)