Capitoli

  1. Giovanni Falcone, chi lo chiamava “cretino” e chi non lo votò al Csm: ecco i nemici del giudice ucciso nella strage di Capaci
  2. L'ultima provocazione di Silvio: citarlo come esempio
  3. L'Ammazzasentenze che lo offendeva anche da morto
  4. Il Csm e i professionisti delle carte apposto
  5. Quando i vicini di casa non lo volevano
  6. "Falcone, chi la protegge?". L'attacco di giornali e tv
  7. I veleni di Jannuzzi: attacco al Maxi e alla Dna
Mafie

Quando i vicini di casa non lo volevano - 5/7

Dalle offese di Carnevale agli attacchi in diretta televisiva fino all'ultima provocazione di Berlusconi. A 25 anni dalla strage di Capaci ecco i nomi di chi ha provato in tutti i modi a rendere difficile l'esistenza del magistrato palermitano. Come Lino Jannuzzi che ai tempi della Superprocura definiva lui e De Gennaro "i maggiori responsabili della débâcle dello Stato di fronte alla mafia. Una coppia la cui strategia ha approdato al più completo fallimento"

Falcone – Borsellino

“Spostate i magistrati in periferia” – La Palermo in cui ha vissuto Giovanni Falcone era molto diversa dalla Palermo che si è svegliata dopo quello che i mafiosi battezzarono come l’Attentatuni. Un esempio? Una lettera pubblicata dal Giornale di Sicilia negli anni ’80. A scriverla è una donna che abita nelle vicinanze del condominio in cui Falcone fa ritorno ogni sera, blindato dalle auto della scorta. Il motivo della missiva? “Regolarmente tutti i giorni, al mattino, nel primissimo pomeriggio e la sera, vengo letteralmente assillata da continue e assordanti sirene di auto della polizia che scortano i vari giudici. Ora mi domando: è mai possibile che non si possa eventualmente riposare un poco nell’intervallo del lavoro? O quanto meno seguire un programma televisivo in pace?”; scriveva la vicina di casa del giudice che poi lanciava un invito: “Perché i magistrati non si trasferiscono in villette alla periferia della città, in modo tale che sia tutelata la tranquillità di noi cittadini lavoratori e l’incolumità di noi tutti, che nel caso di un attentato siamo regolarmente coinvolti senza ragione”. Parole che fanno un certo effetto. Soprattutto oggi che l’albero Falcone – nei pressi dell’abitazione del magistrato – sarà invaso da persone arrivate a Palermo da tutta Italia.

L’attacco in diretta tv – Le cose per Falcone non andavano meglio quando accettava di partecipare a qualche trasmissione televisiva. Nota, anzi notissima, è la puntata che Michele Santoro e Maurizio Costanzo dedicano in tandem alla memoria dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso nell’agosto del 1991. In studio tra gli ospiti c’è il giudice palermitano, attaccato più volte in quell’occasione da personaggi che avranno storie future completamente diverse. “Falcone ha dichiarato che è notorio che l’onorevole Salvo Lima utilizzava la macchina degli esattori Salvo“, è l’intervento – in collegamento da Palermo – di Leoluca Orlando. “C’era bisogno che lo dicessi io perché si sapesse dei rapporti tra i Salvo e Lima”, risponde Falcone, raccogliendo la replica dell’allora leader della Rete. “Ecco un’ulteriore conferma“, dice in diretta televisiva Orlando, che in pratica accusava il giudice di nascondere le prove sull’europarlamentare della Dc. Gli attacchi a Falcone saranno rinfacciati per anni al primo cittadino palermitano, il quale chiederà poi scusa per le sue parole. Quella trasmissione, però, è passata alla storia anche per le parole di Totò Cuffaro. “Ho assistito ad una volgare aggressione alla classe migliore che abbia la Democrazia Cristiana in Sicilia. Il giornalismo mafioso che è stato fatto stasera fa più male di dieci anni delitti”, è una parte del concitato intervento del futuro governatore della Sicilia, poi condannato in via definitiva per favoreggiamento alla mafia. Per il video di quel discorso – intitolato su youtube “Totò Cuffaro aggredisce Giovanni Falcone” – l’ex presidente siciliano ha querelato Antonio Di Pietro, che lo aveva pubblicato sul suo blog: il tribunale ha deciso di dare ragione a Cuffaro.