Cronaca

Roma, il piano rifiuti della giunta Raggi: impianto a biogas sul modello di Pinerolo

Il gassificatore dovrebbe sorgere a Ponte Malnome, periferia ovest, ed è in grado di smaltire soltanto la frazione umida (quindi riciclabile) dei rifiuti, dunque la parte indifferenziata dovrà comunque essere trasferita in discarica o trasformata in combustibile. Ma il piano firmato dall'uscente amministratore unico Antonella Giglio soluzione reale per lo smaltimento dei residui indifferenziabili

Un impianto per la produzione del biogas sul modello di Pinerolo, in Piemonte. Dove? Probabilmente a Ponte Malnome, alla periferia ovest di Roma, in un’area di proprietà dell’Ama dove oggi è presente un piccolo inceneritore (spento) per rifiuti ospedalieri. Per un costo di almeno 110 milioni di euro, sui 394 totali previsti dalla società capitolina da oggi al 2021. E’, a quanto apprende IlFattoQuotidiano.it da autorevoli fonti capitoline, il programma della giunta guidata da Virginia Raggi per provare a chiudere il ciclo dei rifiuti nella Capitale.

L’impianto “modello” realizzato dall’Acea di Pinerolo – soltanto omonima del colosso romano quotato in borsa – è stato già visitato a febbraio dall’assessora capitolina Pinuccia Montanari e da un gruppo di consiglieri pentastellati, ed è fortemente sponsorizzato sia dal nuovo presidente di Ama spa, Lorenzo Bagnacani (numero uno uscente dell’Amiat di Torino), sia dal neo consigliere d’amministrazione, Andrea Masullo: quest’ultimo tempo fa aveva lavorato in una commissione regionale ad hoc che si prefiggeva studiarne la fattibilità in località Roncigliana, nei pressi di Albano Laziale.

Va specificato che il gassificatore “ecologico” – non è considerato impattante – è in grado di smaltire soltanto la frazione umida (quindi riciclabile) dei rifiuti, dunque la parte indifferenziata dovrà comunque essere trasferita in discarica o trasformata in combustibile (css o cdr che sia) e bruciata. La proposta del nuovo impianto, insieme ai contributi apportati dalla Scuola Agraria di Monza, dovrebbero andare a integrare nelle prossime settimane il nuovo piano industriale fatto approvare in extremis dall’amministratrice unica uscente di Ama, Antonella Giglio.

SI PUNTA TUTTO SULLA DIFFERENZIATA – Il piano industriale di Ama, di ben 98 pagine, prevede la realizzazione di un altro impianto – anche questo dovrebbe sorgere a Ponte Malnome – per la “selezione di primo livello altamente meccanizzato del multimateriale” e per “la suddivisione del flusso nelle merceologie agli impianti di recupero”, siglato come “Mml”, indispensabile per quando la raccolta differenziata arriverà a quota 70%. Per far ciò, si punterà sulla consulenza di Enzo Favoino, coordinatore scientifico della Scuola Agraria di Monza, che ha già pubblicato diversi studi su come portare al minimo la quota di residuo, indipendentemente dalla percentuale di raccolta differenziata raggiunta in città.

Anche gli attuali tmb, dove oggi viene conferito l’indifferenziato, saranno trasformati in “mml” più piccoli: uno a Rocca Cencia, attraverso la costruzione di una “sezione aggiuntiva finalizzata alla selezione e al successivo recupero di materiali” (sul modello degli “eco-distretti” proposti da Ignazio Marino) mentre il tmb di Salario sarà definitivamente chiuso e sostituito dal tritovagliatore mobile da spostare a Laurentina; l’obiettivo e’ anche quello di ridurre al minimo il conferimento ai tmb del Colari di Manlio Cerroni, ad oggi indispensabili per evitare l’emergenza.

Infine, i tre impianti di compostaggio sul territorio comunale, già anticipati da Virginia Raggi ma per i quali l’assessora Montanari sta ancora lavorando ai piani di fattibilità. Qui la cattiva notizia per i residenti di Fiumicino potrebbe essere il dichiarato “mantenimento delle quantità trattate nell’impianto di proprietà a Maccarese”, nonostante il sindaco Esterino Montino e l’assessore regionale, Mario Buschini, ne abbiano chiesto più volte la chiusura “in tempi ragionevoli”. Infine, la “regolarizzazione dei servizi” di raccolta in città dovrebbe portare un’ottimizzazione dei costi Ama e il taglio di 58 milioni di euro sul corrispettivo per il contratto di servizio corrisposto dal Comune alla società capitolina (oggi pari a 707 milioni).

RESTA L’OMBRA DELLA DISCARICA – Il grande “buco” nel nuovo piano industriale – ammesso anche dalle fonti capitoline – sta nell’assenza di una soluzione reale e credibile per lo smaltimento dei residui indifferenziabili. Posto che, nella migliore delle ipotesi, il sistema entrerà a regime fra non prima di 4-5 anni, nel frattempo dove verranno portati i rifiuti? L’intenzione dichiarata del piano Ama è quella di affrancarsi dall’estero entro la fine del 2018, ma restano i dubbi sul resto della filiera.

“E’ per questo che l’assessora ha già chiesto ai nuovi vertici di rimettere mano al documento approvato da Antonella Giglio”, sussurrano dal Campidoglio. Una lettura critica condivisa anche da Ilaria Piccolo e Valeria Baglio, consigliere capitoline del Pd, che lunedì scorso hanno preteso dai vertici Ama che gli venisse consegnato il documento appena approvato. “Il piano a 5 stelle – affermano – non prevede la localizzazione di alcun impianto (per l’indifferenziato, ndr), si limita a parlare di impianti organici di compostaggio per un totale di 100.000 tonnellate annue (da individuare con i municipi)  e di un impianto multimateriale per 80.000 tonnellate annue, per un totale investimenti di 111 milioni, mentre nel 2021 prevede 1.500.000 tonnellate annue”. Questo significa “zero impianti Ama e nessuna richiesta alla Regione Lazio, tantomeno nelle aree di proprietà pubblica”. Resta in piedi, dunque, il “toto-discarica” avviato dalla Giunta regionale di Nicola Zingaretti e dagli uffici della Città Metropolitana.