Politica

Legge elettorale, anche Mdp molla il Mattarellum. Giachetti: “Poi se uno parla della vostra faccia vi offendete”

Il no dei bersaniani segue quello di Forza Italia e Alternativa Popolare. D'Attorre: "Problema di metodo, non ci sono voti per questo sistema". Ma il Pd insiste: "Vediamo in Aula se ci sono, intanto calendarizziamo per aprile"

I contrari al Mattarellum sono anche dentro il centrosinistra. Dopo il no di Forza Italia e Alternativa Popolare, anche prevedibile, arriva anche quello sorprendente del Movimento Democratici e Progressisti, cioè i fuoriusciti bersaniani. Ad annunciarlo è Alfredo D’Attorre, tra i più vicini alle posizioni dell’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani, che ne fa un problema non di merito, ma di metodo, ufficialmente: “Far passare il Mattarellum alla Camera – dice – con un voto a stretta maggioranza, sapendo che poi affonderà al Senato, significherebbe mettere la legge elettorale su un binario morto. Allora sarebbe più onesto dire ‘non vogliamo fare la legge elettorale'”. Quindi non è un problema il merito, ma il metodo: “Dopo il no di un partito numericamente importante, come Ap, e dopo il fatto che tra le opposizioni solo la Lega appoggia il Mattarellum, occorre prendere atto delle condizioni reali”. I cronisti chiedono anche a Bersani di commentare questa decisione che chiarisce così: “Mò vedimo“.

Non sarà questione di merito, ma è chiaro che un partito piccolo e appena nato come Mdp preferisca un sistema proporzionale che gli garantisce una quota certa di seggi rispetto al Mattarellum che essendo maggioritario obbliga a una coalizione (nel caso dei bersaniani naturalmente sarebbe un’alleanza col Pd e forse col Pd di Renzi). Già quando era ancora sinistra Pd le posizioni sul Mattarellum dei bersaniani sono state a dir poco ondivaghe, tanto da scatenare la ormai celebre performance di Roberto Giachetti contro Roberto Speranza. E infatti oggi Giachetti ironizza ancora oggi su facebook.

D’Attorre propone comunque di proseguire la discussione concentrandosi su tre punti che costituiscono il minimo comun denominatore: abbassamento della soglia di sbarramento al Senato (oggi è all’8 per cento su base regionale e secondo D’Attorre è incostituzionale), l’estensione della doppia preferenza di genere al Senato e l’armonizzazione delle soglie di Camera e Senato. “Poi noi – ha aggiunto – faremo una battaglia contro i capilista bloccati”.

Di sicuro c’è che il Pd non si ferma e con il capogruppo Ettore Rosato chiede di calendarizzare la discussione in Aula ad aprile, una “sfida” quasi, voluta comunque da Matteo Renzi per far scoprire chi ci sta e chi no alla luce del sole. “Attendo che in Mdp facciano sintesi al loro interno tra le varie correnti – dice – Ricordo che il Mattarellum è stato votato anche da molti di loro, prima di uscire dal Pd, alla Assemblea nazionale di dicembre: il Mattarellum fu approvato all’unanimità”. Per Rosato si tratta della “legge più coerente e più facile da approvare, perché è stata già utilizzata. Alcuni gruppi dicono No al Mattarellum per scaricare sul Pd la responsabilità della legge elettorale, ma questi stessi che dicono No poi non riescono a mettersi d’accordo per avanzare una proposta alternativa”. Ai cronisti che obiettano che il Mattarellum non ha i numeri al Senato, Rosato replica che “è tutto da vedere: anche per altre riforme, come le Unioni civili, molti sostenevano che non sarebbero state approvate dal Parlamento. E invece le abbiamo fatte”.

Su tutto pesa naturalmente anche il congresso Pd, che rallenta tutto anche perché il partito è senza una linea decisa e unitaria. Tuttavia a questo punto si deve attendere prima la conclusione degli interventi di tutti i gruppi in commissione Affari costituzionali (come chiesto dal Pd la scorsa settimana) e poi la conferenza dei capigruppo della Camera che deciderà il percorso.