Politica

Consip e scandali, è questo il riformismo renzista?

Era il 10 dicembre 2014, quando scrissi in un post questa frase: “Viene fuori che è sempre stato tutto un ‘magna magna’ e la mafia si era reinventata applicandolo il sistema ‘Romeo’ già noto ai partiti”. L’articolo descriveva fatti già noti ed evoluzioni che oggi sui verbali ed atti ufficiali riscontriamo. Era l’epoca del renzismo aureo.

Nessuno, allora, riusciva a decodificare quello che dicevo parlando del “sistema Romeo”, eravamo nel 2014, Renzi da poco aveva dato il ben servito a Letta e veleggiava sul 40% conquistato alle Europee con una mancia di 80 euro pro capite. Il Giglio si andava strutturando, coprendo le caselle essenziali dei posti che contano, e in Puglia nascevano gli embrioni del sistema Renzi che poi avrebbe disvelato la sua evoluzione. Per prima cosa il Giglio creava avamposti nei quali ci ritrovavi a capo sempre un facoltoso imprenditore bisognoso di appalti pubblici e partecipazione a gare (Romeo docet). Le visite di Lotti con annesse partecipazioni a inaugurazioni si moltiplicavano così come quelle del padre con imprenditori che promettevano la creazione di outlet di lusso.

Il punto è che Renzi padre viene avvistato in incontri con i sindaci dei luoghi, in cui devono spuntare questi misteriosi outlet, e la sua misteriosa presenza, potrebbe suonare seduttiva per qualsiasi Sindaco nel valutare la credibilità dell’offerta imprenditoriale. Insomma a Fasano tutti cominciavano a fare i conti sui posti di lavoro che sarebbero arrivati. Ma le società presto si sarebbero dissolte come neve al sole e degli outlet nessuna traccia. Renzi continua con il suo refrain: “Noi siamo gente per bene”. Frase utilizzata per evitare la più ovvia “noi siamo bravi ragazzi”, che appare troppo ambigua, e qui notiamo che Sensi o Messina ancora ci sono.

Il problema è che l’intreccio emergente dai mille giorni del renzismo riporta in campo personaggi come Romeo, Flavio Carboni (al quale papà Boschi chiede consigli per nominare vertici Banca Etruria), viene silenziato il film di Faenza nel quale viene spiegato chi è davvero Carboni, spuntano gli emendamenti notturni per petrolieri, contro i tarantini e i tassisti per agevolare altri. E’ questo il taglio del riformismo renzista? Nascosto dietro 3 cosette: unioni civili, dopo di noi e 600.000mila posti in più (senza specificare quanto ci sono costati con gli incentivi miliardari)? Il bilancio appare deboluccio. Siamo ancora allo schema: Renzi sta a Berlusconi, come la Magistratura sta alla politica. Ancora vogliono propinarci questa fandonia algoritmica?

La verità è che oggi scopriamo da fatti evidenti che qualcuno non stava al posto suo: i padri in primis, gli amici fidati, i ministri, i Carabinieri, gli imprenditori spregiudicati, i politici s-pregiudicati, quelli di destra come Verdini, quelli di sinistra spietati con l’art. 18 o abusi alle fritture, i giornalisti che troppo occupati a studiare polizze assicurative non si erano accorti della Consip o quelli che descrivevano il referendum sulle trivelle come regionale. Anche altri giornalisti non sono più al loro posto: Floris, Giannini e la Berlinguer, silenziosamente e senza trasferte bulgare.

Non era al suo posto il Pd, che doveva dire agli italiani ciò che andava messo a posto e rimettere a posto le cose dopo i venti anni di berlusconismo. La fotografia mostra caos, certo, ma il Paese ti lascia l’angoscia di quando entri in un appartamento visitato dai ladri… Devi avere il coraggio di sbracciarti le maniche e di fare ciò che devi… Rimettere tutto al proprio posto.