Società

Intervista a un mostro

Io amo i mostri. Mostro è meraviglia, tutto ciò che suscita meraviglia. Preferisco Frankenstein a Che Guevara. Anche Dio è un mostro. I credenti sono incredibili, quindi mostruosi. Come si fa a credere nella vita eterna? Come si fa a desiderare l’ergastolo della beatitudine?

Un paradiso dove non ci sia la possibilità di suicidarsi è un paradiso mostruoso. Un paradiso senza la libertà del rifiuto. Nel mio ateismo spalancato all’Assoluto ho sempre dato ascolto ai credenti. Quando i Testimoni di Geova mi fanno vedere i loro opuscoli di famigliole felici dove tutti sono belli come Big Jim e Barbie chiedo sempre: “E i mostri dove sono?“. Mi rispondono che i mostri non ci sono, mi dicono che in paradiso saremo tutti belli, tutti felici. E mi vengono i crampi allo stomaco.

Quando i cattolici mi parlano della resurrezione del corpo chiedo: “E chi è troppo pigro per risorgere?“. A questa domanda i cattolici non rispondono, almeno quelli che ho incontrato. E mi sento un mostro di pigrizia. A Lutero preferisco l’utero, come scriveva Marcello Marchesi, o era Achille Campanile? Li confondo.

Porto al collo un ciondolo con l’inizio del Corano, è un ricordo di mio padre che era nato in Egitto, ha un valore affettivo, non spirituale. Sul versante della reincarnazione continuo a preferire l’unica reincarnazione che amo: entrare in un altro corpo quando faccio l’amore. Anche l’ebraismo non fa per me, troppa distanza culturale, e poi ho una sconfinata simpatia per gli eretici.

Gli eretici sono erotici, mi suscitano pensieri peccaminosi. Anche la creazione dal nulla non mi ha mai convinto, il nulla mi sembra molto più creativo di qualsiasi creazione. L’animismo mi è simpatico, è esotico, ma volete mettere un bel piatto di animelle cucinate con burro, salvia e vino bianco?

Di natura sarei un pagano orgiastico, seguace di Bacco, fallocratico e gaudente, ma vivo a Milano, e non è il posto giusto, credetemi. Alla fine, come diceva il mio amico Flavio Costantini, mi affido all’anagrafe. Mi accontento di essere Ricky Farina, un mortale residente a Milano, celibe, professione non pervenuta, segni particolari: amante dei mostri. In che cosa credo? Credo nei temporali e nelle lampadine fulminate, non di più. Devo dire però che trovo mostruosamente affascinanti tutti quelli che credono in Dio o in qualsiasi cosa sia d’aiuto per sopportare questa vita tragica e ghignante. Amen.