Società

Biotestamento, eutanasia, aborto, padri omosessuali. Dove andremo a finire?

Quest’oggi, carissimi fratelli, il blog paga il suo umile e deferente tributo a Santa Romana Chiesa che ha subito un vulnus terribile: l’orrendo peccato commesso dalla Regione Lazio, in spregio alle vigenti Ordinanze Papaline. I senzadio hanno intemeratamente bandito un concorso pubblico (addirittura riguardante un nosocomio intitolato allo Santo Camillo) destinato a medici che non obiettino alle leggi dello Stato italiano.

Per di più, negli stessi giorni un pubblico miscredente, in combutta con un manipolo di notori delittòri, ha perpetrato un suicidio assistito, pratica che se si diffondesse insieme alla (mi perdonino le Eminenze se pronuncio la laida parola) eutanasia, priverebbe gli ospedali religiosi di una ricca fonte di introiti, con grave nocumento alle opere di bene.

E possiamo forse ignorare come l’immonda Bestia abbia orrendamente coartato la mano di un giudice onde indurlo a dichiarare genitori di un fanciullo due uomini che si congiungono carnalmente nella sozza pratica sodomitica?

Si impone una reazione. A cosa si ridurrebbe il magistero che fallisse nell’imporre le paranoie di menti infervorate? A distribuire l’ostia alle beghine? A predicare da pulpiti in chiese vuote? A organizzare carnevalate in tutte le stagioni bardati in paramenti? A pagare i contributi Inps alle perpetue? Ai festini in canonica?

Senza intromissioni negli affari di Stato, la Chiesa rischierebbe di doversi davvero dedicare alla predicazione della Buona Novella nonché alla cura delle anime e dei poveri. Senza interferenze negli affari privati e in primis nelle camere da letto dei non credenti, la Chiesa perderebbe una potente forza di attrazione per quel vasto universo di disadattati sociali che perdono il sonno se gli altri non sottostanno alle proprie paturnie sessuofobiche. Ecco perché invece di occuparsi delle pecorelle del proprio gregge, è imprescindibile occuparsi di greggi e armenti altrui.

Benedetti siano dunque i torquemada da bisca che si scagliano contro gli omosessuali e le sofferenze dei tetraplegici; gli inquisitori da baraccone che battono sulla grancassa dell’oscurantismo; i predicatori che inveiscono dalle radio pagate con i soldi pubblici contro le leggi dello stato; le gerarchie che esigono sull’unghia ciò che appartiene evangelicamente a Cesare.

Urge un altro denso frullato di intransigenza clericale e bergogliose strizzate d’occhio a sinistra contro le sperequazioni (con l’assenso divertito di Bertone). Va gettata un’esca succulenta – “chi sono io per giudicare?” – attaccata all’amo cui abboccano gli obnubilati dalle comparsate solidal-terzomondiste del ben pasciuto clero pauper(on)ista.

Così si eviterà che l’ondata di disgusto – montata allorché uno sfortunato, per mettere termine ad una vita di sofferenze, è stato costretto all’espatrio – infranga la diga di integralismo. Sui nominati in Parlamento si scarichi la pressione degli oltranzisti per sabotare il testamento biologico “perché la vita è un dono di Dio“.

Però attenzione, carissimi fratelli. Un dono presuppone il pieno trasferimento della proprietà e quindi la piena disponibilità futura da parte di chi lo riceve. Un dono condizionato ai voleri di una tonaca, costituisce un’imposizione e un arbìtrio. Senza l’aggettivo “libero” a nobilitarlo.