Cronaca

Andrea Bacci, dietro le minacce all’imprenditore vicino a Renzi un debito da 270mila euro. Due arresti

Il credito era rimasto congelato a causa della richiesta di fallimento della Coam, la società di costruzioni che ha ristrutturato la villetta di famiglia dell'ex premier

C’era un credito di 270.000 euro, rimasto bloccato dalla richiesta di fallimento della Coam, dietro gli atti intimidatori di cui è stato oggetto, a gennaio scorso, Andrea Bacci, il costruttore fiorentino vicino all’ex premier Matteo Renzi e a suo padre Tiziano. Lunedì 23 gennaio, in pieno giorno, i tre colpi di pistola contro la AB Florence di Scandicci, due dei quali avevano raggiunto i vetri della Mercedes di Bacci, parcheggiata nel piazzale. Nella notte successiva altri sei colpi di pistola contro l’insegna della ditta. Poco meno di un mese dopo le indagini condotte dal Gico delle Fiamme Gialle, sotto il coordinamento dei pm Luca Turco e Christine Von Borries, hanno portato all’arresto di due persone con l’accusa di concorso in estorsione continuata e porto illegale di arma da fuoco: Giuseppe Raffone, pregiudicato catanese di 48 anni e Pasquale D’Alterio, 44 anni, imprenditore originario del comune napoletano di Giugliano in Campania ma residente nel Pistoiese e, soprattutto, creditore della Coam. Oltre ad essere un riconosciuto pluricampione mondiale ed europeo di bocce, specialità raffa.

Le indagini hanno permesso di appurare che l’amministratore delegato della Coam, Fabio Bettucci e, per suo tramite, Bacci, sono stati minacciati verbalmente da Raffone per conto di D’Alterio, fino ad arrivare ai colpi di pistola del 23 gennaio. Le minacce, prima velate poi più dirette (“dovete stare attenti, io di voi so tutto, anche dove abitate”), erano arrivate anche nel corso di un un paio di incontri tra Bettucci e Raffone. L’obiettivo era di far incassare alla società di piastrellature di D’Alterio il credito vantato nei confronti della Coam nonostante l’impossibilità per l’azienda di pagare chiunque, pena la bancarotta preferenziale. Tuttavia il piastrellista sosteneva con i suoi debitori di aver ceduto il credito al pregiudicato, dando a intendere che si trattava di uno strozzino del tutto disinteressato alle problematiche legali sottese al disincaglio del denaro e sostenendo di esserne a sua volta terrorizzato. Sulla restituzione della somma era stato raggiunto un accordo prima della richiesta di fallimento: a parziale copertura del credito Coam avrebbe ceduto al piastrellista un appartamento in costruzione a Livorno valutato 180mila euro. La permuta, su cui era stato stipulato un compromesso, non si è poi perfezionata proprio per l’arrivo al capolinea della società di costruzioni.

Secondo quanto emerso dall’inchiesta, in seguito agli spari, Coam ha chiesto aiuto economico alla Nikila Invest di Ilaria Niccolai e Luigi Dagostino, già partner del costruttore in diverse operazioni immobiliari, la più importante delle quali riguarda l’espansione degli outlet The Mall che ha visto coinvolto anche Tiziano Renzi in veste di consulente. Più recentemente, gli affari tra Dagostino, Bacci e altri partner dell’operazione The Mall, sono finiti nel mirino degli stessi pm fiorentini che indagano i due imprenditori e altre quattro persone per reati che spaziano dalle false fatturazioni al ricorso abusivo del credito. Ebbene, in seguito agli spari Bettucci, cugino della moglie di Bacci, ha cercato di far versare da Nikila 60mila euro che la società di Dagostino doveva alla Coam. Tutto da verificare, però se e come sia avvenuto quest’ultimo passaggio che non aveva comunque soddisfatto il creditore. Del resto, i punti da chiarire sul caso Coam sono ancora molti e, come ha sintetizzato il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo “il cerchio non è ancora chiuso: le indagini vanno avanti su un fatto grave e insolito per la Toscana”.