Diritti

Aborto, imporre l’obiezione di coscienza è una violenza di genere

La domanda è: la ministra alla Salute Beatrice Lorenzin rappresenta i cittadini e le cittadine italiane o la Cei? Perché il fatto che a proposito delle assunzioni di due medici non obiettori al San Camillo di Roma si esprimano esattamente alla stessa maniera val bene una riflessione. Perché alla Lorenzin non interessa il fatto che l’obiezione di coscienza in Italia tocca punte del 90% in alcune regioni e del 70% come media nazionale? Perché non si occupa delle donne che vengono abbandonate a se stesse, trattate come assassine, colpevoli, per aver scelto di abortire? Perché non dice chiaramente che l’intento, come la sua stessa proposta del Piano della Fertilità aveva messo in luce, è quello di trattare le donne come fattrici, macchine da riproduzione, in nome di Dio, patria e famiglia (quella etero of course)?

Non sono forse persone cui assicurare assistenza sanitaria quelle donne che chiedono ai medici di poter abortire in sicurezza, possibilmente senza crepare, come è capitato a qualcuna che non ha ricevuto sufficiente aiuto in ospedale o a quelle che sono costrette ad abortire usando metodi di decine di anni fa che potrebbero condannarle alla morte? E’ dovere di una ministra alla Sanità assicurarsi che ogni persona possa fruire di servizi che – ed ecco l’inghippo – i medici dovranno fornire a prescindere dalle proprie convinzioni personali. Questo è quello che dice la legge 194 quando nomina l’obiezione di coscienza purché le donne trovino comunque qualcuno o qualcuna a cui rivolgersi. Un medico obiettore avrebbe l’obbligo di indicare alla paziente la presenza di un altro medico non obiettore. Invece tutte sappiamo che non è così, ce lo ha detto anche la Comunità Europea con una reprimenda senza fine ai vari governi italiani.

In tantissime città italiane se l’ultimo dei non obiettori va in pensione non viene sostituito da nessuno. In tanti ospedali i non obiettori non esistono. E figurarsi che si sono messi a obiettare, scambiando quello che loro definiscono un “diritto” con un pretesto per manifestare, sui corpi delle donne, imponendo violenza di genere, perfino i farmacisti che si rifiutano di dare una pillola del giorno dopo, contraccettivo d’emergenza, da non confondersi con la pillola abortiva ru486 somministrabile solo in ospedale a volte senza tanta attenzione. Gli infermieri, i ginecologi, inservienti e portantini, trattano le donne che vogliono abortire alla stessa stregua di femmine con il peccato originale stampato sulla fronte. Il marchio di Satana, direbbe qualche fanatico no-choice, quello che autorizzerebbe chiunque a fare in modo che la donna sia punita perché esercita il proprio diritto all’autodeterminazione.

Che dire dell’esproprio del nostro corpo, giacché mai come ora è diventato evidente che non possiamo scegliere su di esso, per una mentalità maschilista e patriarcale che continua, nel 2017, a esercitare diritto di sorveglianza e controllo su tutte noi. Siamo definite assassine, incapaci di intendere e volere, irresponsabili, egoiste, salvo chiederci pentimenti, che mai concederemo, o darci delle “capitaliste”, in linguaggio rossobruno, quando decidiamo di fare figli per una coppia gay. Esigono che sforniamo figli nei tempi, nelle quantità, nelle forme indicate da loro, patriarchi istituzionali che fanno pinkwashing parlando di femminicidio e poi non capiscono che la sostanza della violenza di genere sta proprio nel negare alle donne la possibilità di autorappresentarsi e scegliere su tutto quello che riguarda il proprio corpo.

Se c’è chi dice che il Vaticano, i preti, i cardinali, e i cattolici integralisti in generale, non interferiscono con le decisioni di uno Stato che dovrebbe essere laico, è presto dimostrato quello che laici, laiche, persone che combattono per affermare la propria libertà di scelta a gestione del proprio corpo, dicono da sempre. Incostituzionale è l’abuso che si fa dell’obiezione di coscienza la quale, per quel che mi riguarda, dovrebbe essere messa in discussione, nel metodo, nelle pratiche, non ultimo per il fatto che si dovrebbe parlare di omissione di soccorso quando una donna che rischia sulla sua pelle viene cacciata via, ben sapendo che si rivolgerà a macellai che inducono l’aborto a caro prezzo.

Sappiamo tutti e tutte della convenienza che alcuni medici obiettori abbracciano da bravi opportunisti quando dichiarano la loro obiezione per fare carriera in contesti ancora tristemente baronali dove va avanti l’amico dell’amico. Sappiamo di quelli che in pubblico si dicono non obiettori mentre prosperano gli studi privati in cui gli stessi medici ti fanno abortire solo se paghi. In tutto il mondo, dalla Polonia, all’America Latina, all’Irlanda, le donne hanno marciato, vestite di nero, in lutto, perché condannate a non poter scegliere liberamente neppure quando l’embrione sta lì per effetto di uno stupro. Hanno marciato per il diritto all’aborto terapeutico, perché è della donna la decisione di crepare di parto o veder morire un figlio, con tutti gli effetti devastanti che questo comprende. Sappiamo quanto poco la chiesa e i cattolici supportino l’idea di una sana educazione sessuale, preventiva dell’aborto e del contagio di malattie sessualmente trasmissibili, che educhi anche al rispetto della consensualità.

In quel caso però gli anti/gender si rifiutano di ascoltare. Lamentano la prassi di molte migranti che ricorrono all’aborto, spesso in clandestinità, ma non fanno nulla per prevenire parlando di contraccezione. Come se per loro l’unica soluzione fosse quella di non fare sesso. E non dicano che le informazioni passano ugualmente perché basta indagare parlando con le adolescenti per scoprire che molte, sicuramente più di quelle che immaginiamo, non sanno nulla di contraccezione o immaginano di poter evitare una gravidanza grazie a un bidet con la Coca Cola.

Il diritto all’aborto arriva con la legge 194 ricordando che importante è l’esistenza dei consultori, sempre meno accoglienti e anzi, se ben ricordiamo il governo Polverini della Regione Lazio, con orribili proposte che vorrebbero farli diventare sedi permanenti dei volontari dei movimento no-choice.

Orrenda la semantica per cui i no-choice si autoeleggono come unici protettori della vita, fino al parto, maybe, perché dopo, come Corrado Guzzanti disse in una delle sue performance, non gliene frega poi molto. Sono le donne che devono prendersi cura dei figli; sono le coppie, le quali decidono insieme più spesso di quel che si crede, che devono pianificare il loro mantenimento anche quando non hanno né reddito né casa. Per poi arrivare al paradosso per cui chi dice di amare la vita poi supporta sfratti di famiglie povere con figli le quali occupano edifici altrimenti vacanti, in disuso, per poter sopravvivere. Ricordo che nel decreto casa un altro ministro ha deciso di inserire un punto che dice, sostanzialmente, che se occupi non avrai diritto all’erogazione dell’acqua, gas, elettricità. Ti tagliano tutto il tagliabile, e si tratta di politici che si dichiarano cattolici e taaaaanto per la vita.

Noi, le donne e gli uomini che conoscono bene l’importanza di poter scegliere liberamente, per cui l’ultima parola, se si parla del corpo di una donna, è della donna stessa, non siamo pro/morte ma siamo pro/choice. Dimenticavo: com’è che le stesse anime gentili non si preoccupano della vita quando riguarda le persone migranti, bambini inclusi, che annegano nel Mediterraneo, cercando di attraversarlo alla ricerca di un rifugio sicuro? Chi è che può definirsi pro/life ora?